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giovedì 20 aprile 2023

MONTE CALIANO - Ossia dell'arte di infognarsi in posti insignificanti

 MONTE CALIANO

Ossia dell'arte di infognarsi in posti insignificanti


Moreno si ritrova con del tempo libero a disposizione, forse un po' troppo tempo libero, così per passarlo comincia a scrivermi e mandarmi foto di questo sasso a forma di patata che s'appella Monte Caliano, una montagna che francamente non saprei nemmeno se appartiene alla Terra. Comincia prima in sordina, poi a menzionare più volte la parola "spigolo", poi inizia a mandarmi le foto di questa cresta, che non mi dicono poi molto ma che forse potrebbe avere un interesse, poi ancora mi tampina sempre più forte convincendomi che potrebbe avere sette o otto tiri belli di cresta e così finisce per lavarmi il cervello e convincermi ad andare a ficcanasare.
Moreno coinvolge anche il solito Bruno che viene, almeno in apparenza, ben convinto di quel che apprestiamo a fare (mmm, che fiducia cieca!), così la solita macchina alpinistica si mette in moto e, dopo la solita colazione a Valli del Pasubio, andiamo a Sella Novegno. 
C'è però una variante nella routine: a differenza delle altre uscite, questa volta non ho consultato le previsioni del tempo la sera prima, tanto siamo in tre e quindi almeno uno degli altri avrà controllato (ancora più fiducia!), poi il clima è secco, caldo e siamo a ridosso della pianura, cosa mai potrebbe andare storto?!

Dalla Sella Novegno imbocchiamo un bel sentiero riposante che taglia il versante passando sotto uno sperone del Monte Riòn e poi comincia a scendere in ripide svolte. Dopo un paio di queste, Moreno, al grido "conosco la strada" esce dal sentiero e comincia a tagliare il bosco in orizzontale, senza una méta ben precisa, l'importante è solo non perdere quota. 
Solo che il bosco è un pochettino ripido, il sottobosco folto e i rami, che sono cresciuti indisturbati per decine di anni, ostacolano l'incedere in modo un pochetto fastidioso. Siccome le disgrazie non vengono mai sole ecco che da valle monta anche la nebbia, una nebbia fitta e fredda che in pochi minuti infradicia tutto e tra i meandri della foresta si sentono anche i passi strascicati della Piramide di Silent Hill.
Moreno, come un fante d'Italia, procede petto in fuori con la sua scorciatoia fino a quando becca una traccia che risale in mezzo a tronchi bagnati e su un pendio di ortiche. Ovviamente mi pare superfluo dire che per superare i tronchi bisogna aggrapparsi proprio alle ortiche, con Bruno che brontola e io che sto seriamente pensando a un TSO. Inutile anche dire che ogni passo nella selva richiede anche un'attenta ispezione anti-zecche che rallenta di molto la marcia. 
Dopo un tempo indefinito passato in quell'incubo arriviamo a un ghiaione; piuttosto che ravanare ancora ancora selva meglio faticare sulla ghiaia perciò prendo il comando e comincio a risalirlo. Gli altri due mi urlano che sono fuori strada ma io continuo ad andare avanti e in cima al ghiaione raggiungo i resti di una vecchia mulattiera, ormai sepolta dall'erba. Finalmente un passaggio in cui tenere almeno i piedi orizzontali.
Bruno prende l'iniziativa e segue la strada fino ad una cresta, nella nebbia non capisce dove si trova e scende un po' in mezzo alla selva per trovarsi di punto in bianco sopra un burrone; niente da fare, si continua a seguire la mulattiera che poco oltre scompare in un prato. Seguiamo il prato che si mantiene a ridosso di una parete rocciosa, senza aver bene chiaro in che punto siamo, quando ad un tratto arriviamo su un crinale di mughi, al di sotto del quale si apre la valle: abbiamo attraversato praticamente tutto il Novegno per arrivare fin lì, dopo circa due ore di lotta con la natura primordiale infradiciata e fangosa. 
Un breve momento in cui le nubi si diradano e possiamo vedere come lo spigolo del Caliano si eriga esattamente sopra di noi, mentre sotto di noi si scorge un capanno con un comodo sentiero che vi arriva; vorrei coprire di insulti Moreno e le sue tagliate nel bosco ma sono momentaneamente concentrato su quello che ci sovrasta.

Ci sistemiamo alla bell'e meglio in cima al prato, dove un chiodo segna l'inizio della nostra via, mentre la nebbia torna a ricoprirci e a infittirsi ancora più di prima penetrando fino nelle ossa. 
Parte Moreno che scala un diedrino estremamente rotto, io e Bruno lo seguiamo cercando di indovinare qualcosa nel grigiore: sale con molta fatica perché le rocce sono instabili, specie un grosso spuntone a forma di incudine che invita un piede malaccorto a posarvisi sopra, poi sentiamo battere un chiodo, una bestemmia, un altro chiodo e infine un "bon, faccio sosta qui".
Altri chiodi tintinnano nella roccia e poi finalmente arriva il richiamo: parto io e lascio a Bruno il compito di levare i chiodi lungo il diedro, arrampicandomi come se fossi sulle uova per evitare di scaricargli sassi addosso quando all'improvviso risuona un fragoroso boato che probabilmente sarà stato udito anche a Sella Novegno: Bruno ha messo il piede sul pilastrino, che cadendo ha coinvolto un macigno, che rotolando ha cavato una crosta, che scendendo ha mosso dei sassi, che alla fiera dell'est mio padre comprò.
Guardiamo i sassi rotolare giù lungo il prato dove eravamo prima e scendere giù infondo fino al sentiero, il crepitio dovuto al loro rotolamento dura per alcuni secondi; "così ho fatto pulizia" mi dice Bruno.
Ci riuniamo alla stretta sosta su una specie di cornice sotto un pronunciato strapiombo, scomodissima. Parte Bruno, non avendo la più pallida idea di dove andare ma cogliendo il mio suggerimento di piegare verso sinistra dove s'intravedeva un buon terrazzo alla base di un altro salto. Bruno inizia chiodando arditamente lo strapiombo, uno, due, tre chiodi, poi qualche accidente e si trae d'impaccio e traversa a sinistra, ne esce un bel tiro su roccia buona e raggiunge il terrazzo dove ci fa un fischio che è presente una sosta a chiodi. Ripartiamo io e Moreno schiodando il passaggio appena fatto e arriviamo al terrazzo.
Nel mentre facciamo le manovre, sempre in una nebbia fittissima tanto da non vedere a quindici metri, sento una goccia. Lì per lì penso alla condensa, poi ne sento un'altra e ne sentono una ciascuno anche i compagni. Segue un tuono, molto sordo e in lontananza: "massì dai, te vedarè che el va zo par el Pasubio (vedrai che andrà giù verso il Pasubio)" dice Moreno cercando di farsi coraggio; io lo guardo preoccupato e Bruno già si riavvia su per la prossima paretina da cui sbuca un chiodo; non fa in tempo ad alzarsi quattro metri che rimbomba un altro tuono, questa volta molto vicino. 
Estraggo la mantella dallo zaino mentre Moreno mi rincuora "gavèm preso altre volte la piova su in montagna (abbiamo preso altre volte la pioggia in montagna)"; io lo guardo in modo compassionevole replicando un semplice "pure io" e intanto mi avvolgo nella mantella, mentre Bruno grugnisce qualcosa restando aggrappato alla roccia poco sopra. In un attimo, le gocce si trasformano in un torrente e dalla parete cominciano a scendere rivoli di acqua gelida: Bruno è sempre fermo nella stessa posizione, Moreno si chiude l'impermeabile e si rassegna alla lavata mentre io mi accosto alla parete cercando di coprirmi il più possibile, soprattutto lo zaino che altrimenti si trasformerebbe in un bidone in pochi istanti.
Passano i minuti e l'acqua continua a scendere copiosa, mentre i tuoni risuonano molto vicini; io e Moreno ci rannicchiamo come possiamo mentre Bruno sopporta nella sua ingrata posizione (lo so bene che vuol dire, avendo subito la medesima sorte sul campanile Dulfer, vedi qui). 
Dopo un po' i tuoni si allontanano e comincia a scemare anche la pioggia fino a scomparire del tutto; l'umidità risale rapidamente e ci troviamo ben presto nuovamente avvolti nella nebbia. 
Passa ancora qualche minuto e Bruno prova a ripartire, facendo attenzione a piazzare bene i piedi zuppi di acqua sulla roccia ancora umida ma riesce ad avere sorprendentemente una buona presa e guadagna terreno arrivando abbastanza in fretta, date le circostanze, ad un punto dove poter allestire una sosta. Ci chiama e lo raggiungiamo scalando la paretina a larghe bracciate (io per poco non mi tiro addosso un piastrone pericolante dato che la cresta continuava ad essere molto rotta).
Quando arriviamo da Bruno abbiamo un'amara sorpresa: siamo sull'erba, davanti a noi si stende uno stretto crinale di mughi e tra le ombre evanescenti create dalle nebbie si indovina la vetta del monte. Morale della favola: abbiamo fatto tutta questa fatica per una sessantina di metri di arrampicata su sfasciumi; l'abbaglio è totale!
Non perdo tempo, lascio agli altri l'incomodo di sbrigarsela con le corde e mi butto lungo la cresta, seguendo il filo di roccette in mezzo ai mughi e superando anche una profonda spaccatura, alla fine aggiro verso sinistra l'ultima paretina e mi isso sul terrazzo sovrastante trovandomi improvvisamente sotto la piccola croce di vetta del Caliano. E' fatta, la via è già finita. Pochi istanti dopo mi raggiungono anche i compagni che si guardano un po' increduli, incapaci di decidere se essere delusi o passare oltre e annotare un'altra salita fatta. Li incito a decidere qualcosa avviandomi verso la discesa, seguendo una piccola traccia ad ometti che mi permette di aggirare un ripido salto proprio sotto la cima. La nebbia comincia ad alzarsi ma ci perdiamo su una forcella, indecisi su quale traccia seguire; decido arbitrariamente di scendere dalla parte del versante da cui siamo saliti e, alcuni metri più in basso, intercetto nuovamente i resti della mulattiera militare incontrati all'andata.
Mi rilasso pensando che ormai sia finita e che la strada possa portarsi molto vicino al sentiero un poco più a monte ma la speranza viene brutalmente stroncata da un franamento. Superfluo dire che questo fatto ci obbliga all'ennesimo andirivieni nel bosco, dato che non lo avevamo già gustato abbastanza al mattino. Ancora una volta decido unilateralmente per tutti di ripercorrere esattamente la traccia fatta all'andata e dopo poco più di un'ora rientriamo a Sella Novegno che splende il sole, mentre cala dolcemente dietro la Catena delle Tre Croci.

spigolo del Monte Caliano
La partenza dello spigolo

strapiombo sullo spigolo del Caliano
Partenza brutale del secondo tiro

cresta del Monte Caliano
Sull'ultimo tratto di cresta

vetta del Monte Caliano
Vetta del Caliano

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