Home Page

Visualizzazione post con etichetta musica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta musica. Mostra tutti i post

domenica 19 ottobre 2025

CHOPIN - Sonate

 CHOPIN

Sonate


Chopin, nell'arco della sua breve ma intensa esistenza, si è confrontato poche volte con le forme strumentali più estese e codificate (dove per estensione non si intende la mera durata in minuti), anzi per essere precisi solo sei volte, ossia nei due concerti per pianoforte e orchestra e nelle quattro sonate. D'altronde, egli non ha mai fatto mistero in nessun modo di preferire forme brevi e libere, che al massimo siano aderenti a forme musicali speicifiche come polacche, mazurke, ecc., rispetto invece a quelle invece più convenzionali e consolidate dalla tradizione.  
I due concerti per pianoforte e orchestra sono ormai universalmente conosciuti e sono eseguiti di frequente come pietre miliari del repertorio pianistico; invece le quattro sonate hanno ottenuto dei risultati altalenanti, tanto da lasciare titubante lo stesso compositore.
In questa disquisizione, non intendo andare ad analizzare nota per nota le sonate scritte da Chopin, di cui esistono già fiumi di inchiostro molto pregiati al riguardo, quanto piuttosto andare a vedere come il suo linguaggio e il suo pianismo si sono evoluti nel corso della sua vita, scontrandosi contro una forma di scrittura ben precisa e che veniva da quasi un secolo di tradizione. A differenza di molte altre raccolte di forme minori, la forma-sonata ha richiesto uno sforzo inventivo enorme a Chopin, a causa della mole di materiale musicale da inventare di sana pianta, fatto questo che in più di qualche occasione mette in difficoltà il compositore nella gestione complessiva dell'opera, salvo poi il trarsi d'impaccio in modo elegante, cercando di riportare il discorso musicale in un terreno a lui familiare. 
Le quattro sonate coprono tutto l'arco della vita di Chopin, la prima è l'op. 4, un pezzo di studio, con un forte senso di incompiutezza ma al tempo stesso molto sperimentale e con passaggi originali e fortemente drammatici, rarissimamente eseguita. La seconda sonata è l'op. 35, l'unica delle quattro ad essersi veramente imposta anche a chi di musica classica non ne capisce nulla, essendo stata utilizzata in innumerevoli cartoni animati e film, ed è la più originale delle quattro. La terza sonata è l'op. 58, una composizione matura, che vede Chopin cercare strade alternative e più polifoniche al suo pianismo solito. L'ultima, la quarta, è la sonata per pianoforte e violoncello dell'op. 65, un pezzo assai particolare, per non dire strano, di difficile interpretazione e ben di rado eseguita, che ha avuto una sorta di revival nell'era di Youtube e Spotifi

1) SONATA N. 1 OP. 4


La sonata op. 4 è, come accennato prima, un pezzo giovanile, fortemente sperimentale e di cui Chopin stesso non era mai completamente soddisfatto. Venne scritta da un compositore diciasettenne, tra il 1827-28 durante i suoi studi a Varsavia e il primo tentativo di pubblicazione fallì, per varie ragione a noi probabilmente ignote e comunque non importanti. La sonata venne pubblicata solo nel 1851 postuma, in quanto per tutti gli anni a venire della sua vita, Chopin non diede mai il consenso alla pubblicazione, proprio perché la considerava un qualcosa di posticcio. 
Innanzitutto, che cosa ha di così manchevole la sonata n. 1 da sparire dalla circolazione e dalle edizioni per un secolo e mezzo (non che oggi la si possa sentire così spesso, eh)? 
Probabilmente una notevole difficoltà di interpretazione dovuta ad un materiale tematico troppo denso ed eterogeneo, risultato di una commistione di esperienze musicali, non di Chopin, prese, mescolate e poi accostate in vario modo. Anche il pianismo di questa sonata, ossia la tecnica nuda e cruda con cui è stata scritta, è abbastanza incoerente, il che rende l'esecuzione piuttosto difficile, se paragonata alle sonate che seguono. Qui, infatti, Chopin passa da assecondare le melodie che reggono il discorso, ad introdurre effetti simil-orchestrali, a marcare i suoni con ottave pesanti, a ritornare ad ornare le melodie con effetti in modo abbastanza improvviso. Anche per i più grandi estimatori del polacco, questi fatti non devono aver stimolato troppo la voglia di studiare questo pezzo, ed è la probabile ragione che induceva il compositore a voler mettere ampiamente le mani allo stesso, cambiandone radicalmente l'impostazione, cosa che purtroppo non fece mai. 
Malgrado ciò, questa sonata contiene delle perle assolute, ossia dei momenti di lirismo, di innovazione armonica e di uso del linguaggio pianistico molto originali per l'epoca in cui fu scritta e che ritroviamo pari-passo in Schumann, Liszt e Alkan molto tempo dopo, oltre che nello stesso Chopin. 
La sonata è in quattro movimenti e in Do minore e già dall'apertura si sente subito che è qualcosa del tutto particolare. 
Il primo movimento è di chiara derivazione da Karl Maria Von Weber e basta ascoltare le sue quattro sonate per rendersi immediatamente conto che ci sono notevoli affinità, specie con la terza e la quarta. Oggi questi pezzi sono eseguiti assai di rado, ripresi saltuariamente da qualche amatore che ha esaurito tutto il repertorio usuale a disposizione e va cercando qualche novità, ma all'epoca erano ben conosciuti. Ritornando alla sonata in Do minore, il primo movimento si apre con una sorta di invenzione a due voci che definisce il tema principale senza però avere un chiaro secondo tema canonico contrastante col primo. Qui tutto resta nella tonalità di impianto, Do minore e quello che dovrebbe fungere da secondo tema, oltre ad arrivare immediatamente all'inizio del movimento, è costruito su elementi del primo, il che rende tutto quasi un unico flusso di coscienza, che si evolve, cambia, si gonfia e si sgonfia nell'intensità, senza mai uscire dal seminato. 

Inizio op. 4 Chopin
Inizio della sonata op. 4
Secondo tema op. 4 Chopin
Secondo tema


Ora, questa logica può avere benissimo un senso, ma è decisamente lontana dalla logica classica della forma-sonata in cui temi conduttori sono sostanzialmente due personaggi di una scena che va disegnandosi nella mente dell'ascoltatore; qui tutto è un unico monologo, un poco allucinato, che Chopin tiene al suo pubblico. 
Dando uno sguardo alla scrittura, la prima cosa che si nota è che il compositore ha l'horror vacui, non c'è un singolo istante che non sia riempito da un accordo o un abbellimento, sovente presi di salto, il che rende l'insieme un po' pedante. Infatti nelle sonate successive la scrittura si alleggerisce abbastanza e anzi asseconda il carattere dei temi stessi. 

Chopin op. 4
Momento di grande densità sonora

La sonata op. 4 è anche l'unica delle quattro sonate dove Chopin segna un indicazione di metronomo, indicando esplicitamente (almeno nella prima edizione) "Metronomo di Maelzel". Secondo gli studi del prof. Winters, le velocità indicate dal compositore farebbero riferimento ad un'oscillazione completa del pendolo con due battiti per ogni pulsazione, quindi tali indicazioni andrebbero lette a metà. Questo fatto comporterebbe che l'esecuzione della sonata duri un'ora, anziché la mezzoretta scarsa delle poche incisioni disponibili. Sarebbe interessante ascoltare cosa ne risulti, dato che al giorno d'oggi non siamo più abituati a tempi così dilatati e, probabilmente, la sonata acquisterebbe una fisionomia alquanto diversa. 
Il secondo movimento è un minuetto, l'unico scritto da Chopin, in Mi bemolle maggiore, molto sintetico e che ricorda da vicino alcuni movimenti delle sonate di Beethoven, come la n. 1, l'allegretto della n. 14 (Chiaro di Luna), ed altre. E' un movimento molto classico, abbastanza anonimo per gli standard del polacco ma che è impreziosito da una serie di piccoli abbellimenti, come arpeggi sulle doppie terze, che lo rendono gradevole e impegnativo nell'esecuzione. In questo minuetto Chopin cerca, in modo un po' ingenuo, di perseguire una forma di polifonia con dei piccoli giochi di imitazione tra mano destra e sinistra, senza però raggiungere dei veri risultati. Questo genere di composizioni infatti spariranno dai suoi orizzonti fino alla maturità, quando riproverà a percorrere la strada della polifonia, con risultati alterni. 

Minuetto op. 4 Chopin
Inizio del Minuetto

Il minuetto presenta un trio in Mi bemolle minore, come nella sonata n. 4 di Beethoven o nella sonata n. 49 di Haydn. Questo movimento è dunque una sorta di legame col classicismo, introdotto nella sonata come una sorta di movimento di distensione e contrastante col primo per carattere e scrittura.
Il terzo movimento, il Larghetto in La bemolle maggiore, è il vero grande "fallito" della prima sonata di Chopin, ossia un pezzo sperimentale che non troverà mai più riscontro in tutte le altre opere che egli darà alla luce. E' un pezzo in 5/4, misura particolare e che in questo primo ottocento non ha molti, anzi per niente, riscontri in altri compositori. La misura così particolare però, perde il suo effetto ritmico in quanto, primo è un movimento adagio, secondo è costituito da molto materiale eterogeneo volto a formare una specie di tema con variazioni, senza mai dichiarare l'intento apertamente e finendo improvvisamente proprio come era cominciato. Le fioriture in questo pezzo abbondano, anzi sovrabbondano evidenziando ancora una volta che lo Chopin giovane avesse il terrore degli spazi vuoti. 

Larghetto op. 4 Chopin
Tema del Larghetto

Per concludere, questo Larghetto ha una certa assonanza beethoveniana, specie con la sonata n. 12 op. 26, in La bemolle maggiore per l'appunto, il che lascia intendere che sia un esperimento per trasfigurare un pezzo di stile classico in qualcosa di nuovo, oltre ciò che il pubblico era abituato a sentire.
Il quarto movimento, intitolato "Finale" e di agogica Presto, è il più interessante e sviluppato dell'intera composizione, di chiara derivazione beethoveniana, in particolare dalle sonate n. 14 (op. 27 n. 2 "Chiaro di Luna") e n. 23 (op. 57 "Appassionata"). Questo è riscontrabile nei disegni di arpeggi ad "ondate" che sono tipici del finale del Chiaro di Luna, mentre, nel corso dello sviluppo, sono udibili i caratteristici accordi sincopati dell'Appassionata. Qui, Chopin ha voluto costruire un lungo movimento in forma-sonata, stavolta canonica, virtuosistico ed ha esplorato tutte le possibilità timbriche e tecniche che lo strumento gli consentiva di fare all'epoca, ottenendo un pezzo di grande difficoltà ed effetto (allora sicuramente, pure oggi fa la sua figura). Anche la costruzione dei temi, il primo in Do minore e il secondo in Sol minore per non interrompere la drammaticità del componimento, è di chiara ispirazione beethoveniana. 

Chopin op. 4 quarto movimento
Inizio del quarto movimento

Chopin op. 4 sincopi
Tratto degli accordi sincopati

Chopin op.4
Secondo tema

In conclusione, questa sonata, contrariamente a quanto si è sostenuto per molto tempo, non è un'opera di serie b, non meritevole di essere inclusa in edizioni e cataloghi (come purtroppo si legge in certe vecchissime edizioni), ma presenta tratti assai caratteristici con melodie di notevole bellezza e tratti tecnici assai interessanti. Certo, presenta ancora dei tratti acerbi, in rapporto allo Chopin che tutti conoscono, ma non abbastanza da ritenere inadeguata questa composizione. Purtroppo Chopin ha subito nel tempo un'opera di idealizzazione che lo ha portato ad essere il modello incarnato del romanticismo, ossia dell'uomo posto davanti al sublime e che contempla le forze inesorabili del mondo, parlando ai posteri in poesia, tutta una serie di sciocchezze invereconde che si credevano all'epoca ma che sono giunte a portare i posteri a censurare tutto ciò che non si confacesse a tale modello. Ne siamo vittime anche noi ascoltatori a due secoli di distanza, dimenticandoci invece di chi fosse l'uomo dietro le partiture di cui disponiamo.

2) SONATA N. 2 OP. 35


C'è poco da aggiungere alla sonata n. 2 di Chopin che non sia già stato scritto, comprese innumerevoli speculazioni gossippare circa l'origine della Marcia Funebre per un amore interrotto con una contessina polacca (anche se qualcuno oggigiorno sostiene che Chopin fosse gay, mah!). Pertanto, è meglio focalizzarsi su come questa sonata differisca notevolmente dalla precedente e perché essa sia diventata giustamente una pietra miliare del repertorio pianistico. 
Innanzitutto questa sonata arriva dieci anni e trentuno opere dopo la precedente, che nella vita di Chopin rappresentano un intervallo lunghissimo. Dopo due raccolte di studi, una di preludi, due concerti, due scherzi, rondò e polacche per pianoforte e orchestra, un trio e numerose mazurche e una ballata, finalmente egli si sente pronto a buttarsi ancora nella stesura di una sonata per pianoforte. Ovviamente sceglie ancora la forma derivata dalla sinfonia in quattro movimenti. 
Il primo movimento che viene scritto è la Marcia Funebre, oggi celeberrima per l'uso che se ne è stato fatto in innumerevoli occasioni, da Tom e Jerry a Don Camillo "monsignore ma non troppo", poi vengono scritti gli altri tre movimenti di contorno. Una volta, il mio maestro mi disse che la celebre melodia del trio della Marcia Funebre fosse tratto da un duetto di un'opera italiana, ma purtroppo negli anni ho scordato quale opera fosse e non ho più trovato riscontro. 
Ad ogni modo, la scrittura di questa sonata è radicalmente diversa dalla precedente, ridotta all'essenziale, sebbene non facile nell'esecuzione e con un rispetto maggiore della forma.
Il primo movimento, in Si bemolle minore con "Grave - Doppio Movimento", comincia con un grave di quattro battute che funge da introduzione al tema vero e proprio, lungo ed elaborato ma sostanzialmente a due voci, senza abbellimenti di sorta. 

Chopin op. 35 primo tema
Grave e primo tema

Questo tema è un febbrile pulsare di crome con un hochetus, un singhiozzo che le interrompe e conferisce loro un aspetto ritmico interessante e ben distinguibile. A questo concitato primo tema si affianca improvvisamente il secondo, in Re bemolle maggiore come vuole la consuetudine, completamente in contrasto col precedente, fatto di note lunghe, adagiato sul tempo con cui scorre il movimento salvo poi confluire in una coda abbastanza turbolenta, in cui andrebbero analizzati tutti gli accordi per vedere il grado di innovazione apportato qui dal compositore nell'ambito di ciò che si scriveva nel 1837 nel resto del mondo. 

Chopin op. 35 secondo tema
Secondo tema

Lo sviluppo, che vede i due temi combinati in modo arguto, ossia sovrapposti l'uno all'altro, è qui ridotto ad una mera transizione prima dell'arrivo della ripresa che rappresenta anche il momento culminante dell'intero movimento. La scrittura non cede mai alla tentazione di virtuosismi fine a se stessi, anzi resta sempre ridotta all'essenziale ed è sempre molto coerente. Questo primo movimento è il più innovativo in assoluto della sonata ed anche, secondo me, il più gradevole da sentire dei quattro perché sempre originale e poco pedante.
Il secondo movimento è uno scherzo, a cui Chopin non segna nemmeno un'agogica. E' uno scherzo per il suo tempo ternario ma assume le caratteristiche di una sorta di walzer dai toni grotteschi, in Mi bemolle minore e quindi abbastanza cupo, a cui contrasta nettamente il suo trio, in Sol bemolle maggiore, composto da una melodia resa stridente da un urto di semitono sempre messo in evidenza. Lo stesso trio è diviso in due fasi ben distinte, con la prima dominata da un canto su accompagnamento di accordi, mentre la seconda, più breve, con una risposta al basso, funge da breve intermezzo. 

Chopin op. 35 Scherzo
Inizio dello Scherzo

Trio dello Scherzo

Per lunghezza e complessità, questo Scherzo eguaglia il primo movimento, il che induce a pensare che Chopin lo abbia introdotto come seconda parte del primo movimento costituendo con esso il nucleo principale della sonata stessa (si noti che il primo movimento finisce in Si bemolle maggiore, che a sua volta è la dominante di Mi bemolle minore, quindi i due movimenti sarebbero idealmente legati). 
Il terzo movimento è la Marcia Funebre, che nella storia della musica si è imposta come canone di marcia funebre mettendo in disparte anche quelle scritte da Beethoven e di cui questa è diretta discendente, in tutto e per tutto. Ciò che la differenzia da quelle dell'illustre predecessore (la sonata op. 26 e la sinfonia n. 3 Eroica), a parte la melodia del trio, tutta chopiniana, è quel senso di tragica ineluttabilità che la pervade, che non lascia intravvedere speranza alla fine, senza finti eroismi. Contrariamente alla prima sonata, la scrittura pianistica resta qui assolutamente essenziale, ridotta al minimo indispensabile, con un'economia di mezzi quasi mozartiana, che però rappresenta anche il suo tratto comunicativo vincente.

L'inizio cupo della Marcia Funebre

Il quarto movimento, ancora una volta intitolato Finale, in "Presto", è forse il più scandaloso dei quattro, o almeno lo fu all'epoca della composizione. Si tratta di un moto perpetuo con le due mani all'unisono che eseguono un flusso continuo di terzine, in cui la melodia c'è ma è poco evidente e il tutto dà un senso come di indefinito e indefinibile. In verità, analizzando nota per nota il movimento, è possibile notare come il flusso si appoggi di volta in volta sulle tonalità toccate nel corso dei precedenti movimenti e che di volta in volta emergano delle note che richiamano le melodie già esposte, dando un senso di "dejà-vu" al pezzo e rendendolo coerente con il resto della composizione. Il pezzo termina improvvisamente contro un accordo di Si bemolle minore, tonalità di impianto della sonata, dichiarandone improvvisamente la conclusione oltre ogni ragionevole dubbio, senza eroismi e senza neppure momenti particolarmente memorabili.

Finale dell'op.35

Malgrado le diffidenze iniziale questa sonata era avanti di almeno un secolo, per l'epoca in cui fu scritta ma ebbe fortuna e finì per imporsi, giustamente nei repertori. Da questa emerge come il compositore abbia ormai imparato a piegare le forme ai suoi desideri, veicolando il suo messaggio del tutto personale anche a costo di destare scandalo negli auditori, pur rimanendo assai fiscale nei confronti delle forme codificate (molto più di Liszt e Schumann, tanto per fare due esempi). Questa sonata però rappresenta una tappa di passaggio, benché cara al compositore stesso, perché, non molto tempo dopo, rincara la dose.

3) SONATA N. 3 OP. 58


La sonata op. 58, sebbene sia separata da ventitré opere dalla precedente, in verità segue dopo poco tempo l'op. 35 (circa sei anni) ed è scritta di getto nel 1844 a Nohant, ed è un altro pezzo a cui Chopin tiene molto, visto che la menziona esplicitamente nelle sue lettere. Questa terza sonata è più "grassa" delle due che l'hanno preceduta, con uno sviluppo maggiore dei movimenti, una scrittura pianistica meno neo-classica, più evoluta e raffinata e del tutto personale, sempre nei canonici quattro movimenti. 
Il primo movimento, "Allegro Maestoso" in Si minore, è il preponderante dei quattro per lunghezza e complessità. In esso, Chopin sfoggia tutta la sua maestria in una specie di scrittura mista, che ancora non è una vera polifonia, o non completamente (non alla Bach per intendersi) ma che è comunque realizzata su più livelli, le voci, a volte ben distinguibili nel loro ruolo, altre volte in funzione timbrica. I due temi della struttura principale della forma-sonata sono, come nella precedente sonata, ben caratterizzati da un repentino cambio di scrittura: il primo tema, in Si minore, è turbolento, formato da episodi diversi e polifonico, il secondo tema è invece a due voci, un canto e un accompagnamento, in Re maggiore. 

Chopin op. 58 primo tema
Primo tema

Chopin op. 58 secondo tema
Secondo tema, si noti il cambio di scrittura

Entrambi questi temi, sebbene ad un primo impatto possano risultare monolitici e ben enunciati, formano più delle aree tematiche, con tanto di elaborati sviluppi interni, in cui il materiale inventato subisce delle variazioni, degli arricchimenti e abbellimenti (il secondo tema ha pure delle assonanze con la sonata n. 2 di Von Weber, nota al compositore). Dopo l'esposizione, con l'immancabile ritornello (in questo Chopin è anche più ligio di Beethoven nella forma), vi è un breve sviluppo in cui i due temi si combinano insieme a formare una sorta di crescendo che porta ad un punto culminante, una sorta di breve cadenza formata da un arpeggio in cui tutto il discorso si sospende e lascia spazio alla ripresa, che però avviene senza un riepilogo del tema in Si minore, ma solo del secondo, trasportato in Si maggiore. Questo fatto, ossia di non indugiare troppo nel modo minore e di lasciare più ampio spazio al tema più lirico, è l'abile mossa che Chopin mette in campo per scansare l'impegno di introdurre troppa roba nuova in un pezzo già ampio di suo e di mantenersi in un terreno a lui familiare, dove può dominare bene gli elementi da lui creati e cercando di essere il meno pedante possibile, esaurire troppo presto le idee. Dal punto di vista pianistico, questo primo movimento è difficile, complicato e lungo ma riserva anche delle soddisfazioni grazie alle numerose pause melodiche che sono di sicura presa nell'ascoltatore; inoltre Chopin gioca d'astuzia e pone come agogica un "Allegro Maestoso" proprio per ridurre l'impatto della volontà di certi virtuosi che altrimenti finirebbero per sminuire tutta l'architettura che tanto faticosamente ha costruito e diminuendo così la difficoltà complessiva.
Il secondo movimento è uno Scherzo, tipicamente alla Chopin, ossia una miniatura dei suoi quattro grandi scherzi per pianoforte, specie del n. 1 op. 20, caratterizzato proprio dai lunghi arpeggi che abbracciano la tastiera e che generano impressione negli altri grandi pezzi. 

Chopin op. 58 Scherzo
Inizio dello Scherzo col suo flusso costante e impetuoso di note

A differenza delle due sonate precedenti, qui lo Scherzo svolge realmente la sua funzione, è in Mi bemolle maggiore e "Molto vivace", un breve intermezzo allegro e virtuosistico che separa nettamente il primo turbolento movimento dal terzo che gli si contrappone. Questo scherzo ha un Trio in Si maggiore, che richiama vagamente il movimento precedente, dando un senso di ciclicità alla sonata. La scrittura dello Scherzo è molto scarna, ridotta all'essenziale, con i due ritornelli dove ci si concentra praticamente solo sugli arpeggi e con un accenno di polifonia nel Trio.
Il terzo movimento, "Largo" e in Si maggiore, parte subito con un'autocitazione dalla Polacca in Do# minore op. 26 n.1, che fa da introduzione al tema vero e proprio del movimento che in questo caso è un lungo notturno dove Chopin può sfoggiare il meglio di sé nell'invenzione melodica, creando un primo tema vivace ed abbellito a cui si contrappone una sezione centrale con un secondo tema scaturito da ampi arpeggi e che oscilla tra Mi maggiore e Sol# minore, ottenendo qualcosa di molto delicato e commovente, ancora più delicato della Marcia Funebre della sonata precedente. In questo movimento, probabilmente, Chopin tocca il vertice della sua arte come non lo aveva raggiunto da nessun'altra parte. 

Chopin op. 58 Adagio tema iniziale
Tema dell'Adagio con la citazione della Polacca.

Chopin op. 58 Adagio secondo tema

La parte B dell'Adagio in cui emerge il nuovo tema

Dopo la maestria sfoggiata nei primi tre movimenti, con la raffinatezza nella ricerca melodica e sonora che solo lui poteva permettersi, nel panorama musicale di allora (Liszt, Alkan e Brahms arriveranno molto dopo), giustamente ci vuole un momento "trash" che  ricordi a tutti che siamo ancora tra i comuni mortali, ed ecco arrivare il quarto movimento. Esso è un Rondò, in Si minore e in 6/8, introdotto da una sequenza di accordi in "Presto non tanto" prima di lasciare il posto al tema, "Agitato". Come viene eseguito attualmente, esso è un pezzo di notevole difficoltà, dove Chopin introduce ogni genere di ingarbuglio a lui noto pur di renderlo virtuoso, per esempio mettendo quartine all'accompagnamento ottenendo così delle poliritmie in tempo veloce, ampi arpeggi e poi passaggi difficili da diteggiare, salti, chi più ne ha più ne metta. Il punto è che il risultato complessivo, anziché essere drammatico, suona più come una canzone da osteria, quasi come a cantare improvvisamente "e mi, e ti e Toni..." dopo una lunga serie di madrigali appassionati e struggenti, con tanto di dame in lacrime. Probabilmente, e il condizionale è d'obbligo, ha ragione il prof. Winters anche in questo caso, ossia questa musica è stata concepita per essere tutta complessivamente più lenta e più rubata di come la eseguiamo noi oggi, altrimenti questo movimento sarebbe del tutto estraneo al resto della composizione (a meno che non sia uno di quei rari momenti d'umorismo di Chopin, ma dubito). Ad ogni modo, si tratta di un Rondò che, dopo la breve introduzione, ha tre riprese o ritornelli, del tema in Si minore, seguiti da degli sviluppi virtuosistici nel modo maggiore che gli si contrappongono. 

Chopin op.58 Finale
Inizio del Rondò col tema del ritornello

Ad ogni iterazione aumentano anche le difficoltà, fino alla coda brillante che conclude l'intera sonata. E' plausibile che in questo finale Chopin non abbia voluto tentare di replicare il gioco fatto con la sonata precedente ed abbia optato per una soluzione più tradizionale, puntando tutto sulla coerenza formale, piuttosto che sul risultato finale; infatti, esaminando con cura il materiale utilizzato in questo Rondò, ci sono veri richiami ai movimenti precedenti, contribuendo a costruire un ciclo unico di questa sonata. Tuttavia, pare che alla fine si sia reso conto lui stesso che avrebbe potuto fare di meglio, perché prima di morire darà alle stampe la sua ultima opera, che gli costerà un lungo lavoro, parecchie correzioni e che risulterà così complessa e avanguardista che non potrà nemmeno suonarla per intero al pubblico ma che forse è il risultato che ha cercato per tutta la vita, vale a dire la quarta sonata, quella col violoncello.

4) SONATA PER VIOLONCELLO E PIANOFORTE OP. 65


Non passa molto tempo dalla precedente sonata, poco più di un anno, che Chopin si butta a scriverne un'altra, complice l'amicizia col violoncellista Franchomme che lo introduce alle delizie di questo strumento. Sono gli anni 1845-46, egli da alla luce gli ultimi ma assolutamente esemplari lavori quali la Polacca-Fantasia, i due ultimi notturni e delle mazurke. Sebbene completata nel 1846, questa sonata deve avere ancora una lunga gestazione prima di vedere la sua forma definitiva nel 1847, anno della pubblicazione. E' un periodo molto difficile per Chopin, che non ha mai avuto un fisico erculeo, infatti la sua salute peggiora notevolmente e dopo questa sonata solo qualche mazurka e un canto polacco vedranno la luce, senza peraltro essere pubblicati prima della morte del compositore. 
Questa sonata, come lo sono le ultime opere di vari compositori, rappresenta una situazione molto rara ma che sovente accade ad alcuni individui particolarmente sensibili. Come abbiamo visto nel corso di questa disquisizione, Chopin ha avuto per tutta la vita il problema di confrontarsi con forme musicali ampie, codificate (quindi ben riconosciute dal pubblico dell'epoca) e restrittive, che in un qualche modo mettevano in gabbia il suo talento creativo. La prima volta ci si è buttato a capofitto, mischiando insieme vari autori e ricavandone un risultato diseguale nel valore; la seconda volta ha proceduto per sottrazione, ha eliminato le ridondanze e ha estratto un capolavoro utilizzando un linguaggio classico però che peccava questa volta di essere troppo sintetico; la terza volta ha piegato la forma musicale adattandola ai componimenti in cui lui si sentiva ormai maestro, ottenendo un'opera grandiosa ma ancora non del tutto soddisfacente, specie nel finale. Adesso il tempo comincia a stringere, la malattia di Chopin si aggrava ma c'è il tempo di tentare un'ultima volta a scrivere una sonata, più ardita delle precedenti, che riunisca tutto quello che ha sperimentato in precedenza. Per di più c'è anche un altro strumento, con il quale si può instaurare quel dialogo polifonico che egli ha ricercato a lungo nelle composizioni precedenti. Il risultato va oltre quello che Chopin abbia mai raggiunto fino a quel momento, un'opera talmente personale e all'avanguardia che è come se avesse dato uno sguardo oltre la vita stessa e sia tornato indietro per cercare di raccontarlo. Ci sono altri casi, come accennato prima, in cui l'ultima opera di un compositore è qualcosa di talmente estranea ai tempi, tale da risultare sgradevole e incomprensibile per i secoli a venire, salvo poi esercitare una forte attrazione e un senso di smarrimento a coloro che invece ne colgono il significato, molto a posteriori. E' l'esempio di: Bach con la sua "Die Kunst der Fugue", rimasta peraltro incompiuta; Beethoven con il suo quartetto per archi op. 135; Mahler con la sua Decima Sinfonia, peraltro incompiuta; Liszt con le ultime composizioni sacre; Chopin, per l'appunto, con la sua sonata op. 65. Ciò che accomuna queste ultime composizioni è che tutte, ma proprio tutte, dopo un inizio abbastanza tormentato, terminano con un senso di pace e distensione da essere quasi irreale.
Tornando all'op. 65, ancora una volta la sonata è in quattro movimenti con la consueta disposizione primo-Scherzo-Adagio-finale. 
Il primo movimento, "Allegro moderato" in 4/4 in Sol minore, vede l'enunciazione del tema al pianoforte che fa anche da introduzione, prima di una breve cadenza che lascia spazio all'intervento del violoncello. 

Chopin op. 65 Tema
Introduzione dell'op. 65, primo tema


In questo movimento Chopin riesce a realizzare, grazie al secondo strumento, quel dialogo tra due personaggi in scena, fatto di imitazioni, controcanti e scambi che tante volte aveva cercato di realizzare al solo pianoforte. L'insieme del movimento è molto complesso, scritto su quattro grandi "ondate" in cui il clima si ravviva per poi, come se la musica s'infrangesse contro degli scogli immaginari, lasciare ogni volta il posto alla quiete. E' difficile in questo movimento dire esattamente dove finisca il primo tema e dove cominci il secondo, Chopin non usa la consueta relazione minore - relativo maggiore per scriverli, entrambi sono in Sol minore, il primo tema, quello iniziale, lungo e calmo, lascia poi il posto al ben più agitato secondo tema, che arriva improvvisamente e senza un vera e propria transizione, con un incipit in La bemolle maggiore, salvo poi riportarsi a Sol minore mediante un lungo sviluppo in cui trova sfogo la tensione accumulata dall'arditezza delle armonie e dal dialogo molto serrato tra violoncello e pianoforte. 

Chopin op. 65, primo tempo
Climax nella prima area tematica

Chopin op. 65 secondo tema
Passaggio al secondo tema


Più che di un secondo tema, si può parlare di una seconda area tematica che si contrappone al monolitico primo tema e che da sola traina l'intero movimento. Il primo tema interviene invece in fase di chiusura degli episodi che compongono questo primo movimento, che ha uno sviluppo brevissimo, quasi cadenzale, prima di lasciare il posto alla ripresa scritta in forma canonica, alla Beethoven per intendersi, e che si conclude sul primo tema in Sol minore con una coda burrascosa. Finalmente, in questo primo e difficile movimento, Chopin riesce nell'intento di creare l'equilibrio tra la forma canonica e le sue personali invenzioni, soprattutto pianistiche, che messe assieme formano uno spettacolo in cui i personaggi mettono in scena le loro forti passioni, senza perdere la loro identità. Ci sono molte cose che rendono questo movimento innovativo, ma analizzarle nel dettaglio renderebbe questa breve trattazione un dinosauro!
Il secondo movimento è uno Scherzo in Re minore, in cui il virtuosismo fine a se stesso viene abbandonato per lasciare spazio al dialogo serrato tra pianoforte e violoncello. Le due parti A dello Scherzo, che si potrebbero chiamare ritornelli, sono in Re minore, mentre il Trio è in Re maggiore, più lento e con un cantabile struggente del violoncello, quasi fosse un lied. Questo scherzo, per la sua semplicità e per il forte contrasto che si viene a creare tra le sezioni, si potrebbe quasi accostare a quello della sonata op. 35 o allo Scherzo n. 4 op. 54.

Chopin op. 65, Scherzo
Scherzo

Trio op. 65
Trio dello Scherzo


Il terzo movimento, "Largo", in 3/2 e Si bemolle maggiore, è breve e difficilmente classificabile, è quasi un ritorno alle origini dell'op. 4, ossia un breve movimento di intermezzo prima di lasciare il posto al finale, che però mantiene la sua coerente semplicità dall'inizio alla fine. La struttura di questo terzo movimento non è immediatamente visibile ma si tratta di un breve notturno, in forma tripartita A-B-A in cui il tema è formato da un soggetto e un controsoggetto alternati tra pianoforte e violoncello. Si tratta di un breve intermezzo, uno stacco nel marasma di agitazione che pervade l'intera sonata.

Chopin op. 65, Largo
Largo della sonata op. 65

Il quarto movimento, come sempre "Finale" - Allegro in 2/2, torna al cupo Sol minore con uno stato di tensione inusuale nella musica di Chopin. Il movimento che questa volta il compositore pone a coronamento della sua cattedrale musicale è una delle sue opere più complesse, seppur di non lunga durata. Innanzitutto si tratta di un movimento in forma-sonata in cui il primo tema è formato da un elemento melodico ben riconoscibile, è ricavato accostando frammenti tematici del primo movimento, con l'aggiunta di numerose fioriture; a questo segue una zona di sviluppo della melodia. Codesto insieme va a formare un'area tematica in Sol minore che costituisce l'idea portante del movimento, ovviamente costruita con un dialogo serrato tra pianoforte e violoncello, quasi fosse un fugato. Quando l'energia di questo inizio si placa, entra il secondo tema, in Do minore, di carattere opposto al precedente, una semplice melodia al violoncello accompagnata da accordi del pianoforte che acquista vigore via via e che viene chiuso da una coda in Do maggiore, assaggio di ciò che verrà dopo. In questo movimento, sviluppo e ripresa sono fusi insieme, infatti il primo tema rientra immediatamente e viene sviluppato con maggiore enfasi prima del riepilogo anche del secondo tema, questa volta in Re minore, seguito da un lungo episodio virtuosistico in cui i due strumenti si fondono in un unico canto. Alla fine del movimento c'è una lunga coda conclusiva in Sol maggiore, che funge da prosecuzione del secondo tema ma che infonde una sensazione di profonda serenità e ritrovata gioia dopo un lungo e tormentato percorso.

Chopin op. 65 Finale
L'inizio del Finale col tumultuoso tema in Sol minore

Chopin, secondo tema del Finale op 65
Secondo tema del Finale


La coda in sol maggiore


Con questa sonata, Chopin ha finalmente trovato il suo equilibrio, i movimenti tracciano un ciclo in cui dramma e poesia non occupano più spazio del dovuto. Finalmente egli è riuscito a costruire la sua "cattedrale" sonora con la polifonia che per tanto tempo aveva cercato di impadronirsi. La sorte ha voluto però che questa sonata, così elaborata e sofferta, sia stata per lungo tempo l'opera più ignorata del compositore polacco e tutt'oggi non è molto presente nei repertori da concerto, un vero peccato se si considera che rappresenta il coronamento della carriera di musicista di Chopin prima della sua prematura dipartita.

In conclusione a quanto esaminato  in precedenza, autori romantici come Chopin hanno provato ad adattare la forma-sonata, forma tipicamente settecentesca, ad un nuovo modo di sentire e di fare musica, con la precisa volontà di rompere col passato pur senza cestinare ciò che era stato fatto. In questa fase così delicata, ossia quando Chopin scrive l'op. 4, la sovrapposizione tra il classicismo degli anni napoleonici e pre-rivoluzione e il nuovo gusto borghese sono ancora sovrapposti e si nota fin da subito che le forme codificate del passato stanno assai strette alle nuove generazioni di musicisti. Ciononostante, il passato non viene del tutto abbandonato ed etichettato come vecchio, barbarico e superato, ma trasfigurato in qualcosa di nuovo e il lungo studio che Chopin ha condotto sulla forma-sonata lo dimostra. 
Le quattro sonate di Chopin sono dei capolavori, purtroppo non tutte apprezzate in egual misura ma che dimostrano come negli anni il distacco che si frappone tra mondi diversi diventi sempre più veloce e radicale. Se si ascoltano tutte le sonate di Mozart, tutte le suite di Bach e tutte le sonate di Beethoven, si nota una certa uniformità nella scrittura, con un aumento dell'audacia armonica e tecnica solo andando negli ultimi anni dei compositori. In Chopin invece l'evoluzione è rapida e cerca fin da subito una sua individualità rispetto a qualunque modello del passato, segno che il mondo sta accelerando la sua corsa verso il progresso e che, dopo gli sconvolgimenti della Rivoluzione Francese e delle Guerre Napoleoniche, nulla è più lo stesso e il mondo non ha più lo stesso ritmo di prima. 


I contenuti presenti sul blog “Alerossiclimbemusic” sono di proprietà di “Alessandro Rossi”.È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.Copyright © 2019 – 2025  “Alerossiclimbmusic”. Tutti i diritti riservati.”

lunedì 28 luglio 2025

CHOPIN - Preludes op. 28

CHOPIN

Preludes op. 28


Penso che sia inutile descrivere chi fosse Chopin, allo stesso modo di quanto sarebbe inutile descrivere chi siano stati Mozart e Beethoven. Chopin (1810 - 1849) è, tuttora, il compositore romantico per eccellenza, anche se per molti aspetti è più classico di quello che sembra ad un primo approccio, ed è stato uno dei grandi innovatori della storia della musica. Infatti, come è possibile dividere la storia dell'arte da un prima e un dopo Beethoven, lo stesso si può dire al riguardo del fatto che c'è stato un prima e un dopo Chopin. Sottolineo dell'arte in generale e non della sola musica perché i riferimenti al polacco fioccheranno da tutti i campi, letterari e pittorici, dopo il suo breve passaggio terreno.
Prima di Chopin esisteva il pianoforte come uno qualunque degli strumenti da intrattenimento con un repertorio di composizioni abbastanza standardizzate e che si cominciava ad affrancare dal suo ruolo di accompagnatore e di supporto per gli esercizi solo grazie agli sforzi di Mozart, Clementi e Beethoven (un po' meno di Haydn), partendo da circa una trentina di anni prima della sua nascita. Sempre prima di Chopin, il repertorio pianistico contava solo sonate a 2, 3, 4 movimenti, un certo numero di variazioni, qualche composizione breve scritta per qualche sparuta occasione e diversi concerti scritti nel corso del XVIII secolo, di cui solo quelli di Mozart e Beethoven sono rimasti nel repertorio fino ai giorni nostri (gli altri sono letteralmente stati inghiottiti dall'oblio del tempo).
Dopo Chopin (anche se, a voler essere giusti ed imparziali bisognerebbe dire dopo il "periodo" in cui visse Chopin, costellato anche da una serie di compositori oggi completamente dimenticati ma che al tempo godevano di una certa fama, come Hummel), il repertorio pianistico si è trovato ad aver acquisito tutta una serie di altre forme musicali, lunghe e brevi, alcune scritte specificatamente per l'esibizione, altre molto più intellettuali, le quali hanno portato il pianoforte, ormai completamente sviluppato meccanicamente, a diventare il "re" degli strumenti. 
Ovviamente, come citato in precedenza, non è stato lui solo a portare un cambiamento così radicale non solo nella pratica dello strumento ma anche nell'abitudine di comporre, ma è stato il compositore la cui fama ha forse accelerato di molto il processo già iniziato dai suoi predecessori.
L'arte di Chopin, come già accennato in precedenza, è ancora molto classica per certi aspetti che si vedranno in seguito, ma si esprime al meglio nelle forme brevi e libere di cui i ventiquattro Preludi op. 28 costituiscono, secondo me, l'apice assoluto nel genere (infatti questi preludi faranno scuola per le generazioni successive).
Andiamo però con ordine: cosa sono i Preludi op. 28 e perché la loro innovazione è così dirompente?
I preludi, come suggerisce il titolo stesso, sono composizioni brevi che fungono da introito per qualcos'altro, oppure sono brevi improvvisazioni riportate su carta, valide per diverse occasioni, come ad esempio un bis ad un concerto. Col tempo, a partire proprio da quelli qui descritti, divengono vere e proprie composizioni fine a se stesse e che possono essere unite a piacimento a formare dei cicli da concerto o da semplice intrattenimento o ancora da studio. Questi non sono i primi esempi di preludi nella storia, infatti ci sono dei precedenti illustri da cui il polacco ha attinto per creare la sua raccolta: l'esempio più eclatante è costituito dalle due serie di Das Wohltemperierte Klavier di J. S. Bach, scritte rispettivamente nel 1722 e nel 1744 e costituite da coppie preludio-fuga in tutte le tonalità del sistema a temperamento equabile di A. Werckmeister, partendo da Do maggiore e ascendendo verso l'acuto dell'ottava, procedendo per semitono. Chopin conosceva bene le raccolte, costituendo esse alcuni dei suoi brani di studio tecnico e di riscaldamento. Altro esempio sono i ventiquattro preludi di J. N. Hummel op. 67, brevissime improvvisazioni in tutte le tonalità, ordinate per quinte ascendenti, oppure i Preludi ed esercizi di M. Clementi, tutti sempre ben noti al compositore. 
A differenza però dei suoi predecessori, Chopin non scrive un'opera didattica ma una sorta di ciclo di miniature, ben definite, che mimano l'arte che lo circondava al momento della stesura e la condensano in un'unica opera. Se infatti li esaminiamo bene, è difficile non pensare di come al suo interno vi siano Beethoven, Schubert, Liszt, Mozart e altri. Certo, individuare le citazioni con precisione sarebbe un compito assai arduo e opinabile, ma certi passaggi suonano davvero molto "alla maniera di...." e non ci sarebbe nulla di strano se lo fosse. La rielaborazione di tali citazioni, poi, è talmente personale da renderla comunque qualcosa di originale, per cui è abbastanza inutile specularvisi sopra.
Purtroppo, quest'opera, come quasi tutte quelle di Chopin (per non parlare di quelle di Liszt già descritte in Studi Trascendentali) è stata soggetta ad una tale opera di depredazione, svalutazione, saccheggio e abuso da parte di due secoli di pianisti, che oltre ad eseguirli nelle maniere più disparate, vi hanno scritto pure fiumi di parole sopra e l'anima stessa della composizione è stata così seppellita da una spessa coltre di pattume. Soprattutto le esecuzioni sono divenute una piaga; esse sono divenute talmente tante che quasi ogni pianista ha voluto incidere la sua interpretazione di questi poveri preludi, arrivando a farli diventare nauseabondi anche al fan più sfegatato (probabilmente risulterebbero indigesti allo stesso compositore). A mio gusto personale, solo due sono le registrazioni dei Preludi che veramente hanno lasciato un segno: quella su rulli Duo-Art di Ferruccio Busoni e la prima sessione (1926) di Alfred Cortot. I rulli di Busoni sono come l'apparizione di un fantasma, per citare Lovecraft una "ombra calata dal tempo", in cui il pianista italiano si appropria della musica del polacco e la trasforma in qualcosa di molto personale, anche se l'effetto complessivo ne risulta un poco sofferente, a causa di qualche idiosincrasia dovuta al sistema meccanico. E' un peccato che oggigiorno questa esecuzione non piaccia ma è molto genuina e ottocentesca e i vistosi "rubati" di tempo, che danno una grande cantabilità alle melodie, lasciano sicuramente un segno indelebile nell'ascoltatore. L'esecuzione di Cortot è invece all'esatto opposto, molto francese, alternando momenti di freddezza ad altri più passionali, sempre mantenendo un livello di concitazione tale da catturare l'attenzione dell'auditore e senza momenti morti. Probabilmente queste esecuzioni sono lontane dalla prassi di Chopin, stando ai recenti studi del professor Wim Winters, però raggiungono un momento di assoluta elevazione artistica nell'arte dell'esecuzione pianistica.
E' giunta quindi l'ora di tornare alle origini e di apprezzare il genio che si nasconde dietro le miniature.
I Preludi di Chopin, come già detto, sono ventiquattro e ordinati per tonalità disposte secondo quinte ascendenti Do - Sol - Re - La - ecc. e relative minori. Non vi è alcuna continuità tra un preludio e l'altro tranne il fatto che siano accoppiati spesso per emozioni contrastanti, con un preludio veloce, ansioso e irruento, l'altro tranquillo e sereno. Essi non sono il frutto di un unico momento creativo per soddisfare un'occasione speciale ma il frutto di una lunga meditazione durata otto anni dal 1831 al 1839.
Essi sono: 
  1. Do Maggiore (Agitato);
  2. La Minore (Lento);
  3. Sol Maggiore (Vivace);
  4. Mi Minore (Largo);
  5. Re Maggiore (Allegro molto);
  6. Si Minore (Lento assai);
  7. La Maggiore (Andantino);
  8. Fa# Minore (Molto agitato);
  9. Mi maggiore (Largo);
  10. Do# Minore (Allegro molto);
  11. Si Maggiore (Vivace);
  12. Sol# Minore (Presto);
  13. Fa# Maggiore (Lento);
  14. Mib Minore (Allegro);
  15. Reb Maggiore (Sostenuto);
  16. Sib Minore (Presto con fuoco);
  17. Lab Maggiore (Allegretto);
  18. Fa Minore (Allegro molto);
  19. Mib Maggiore (Vivace);
  20. Do Minore (Largo);
  21. Sib Maggiore (Cantabile);
  22. Sol Minore (Agitato);
  23. Fa Maggiore (Moderato);
  24. Re Minore (Allegro appassionato).
La scrittura dei Preludi, come la stragrande maggioranza delle composizioni di Chopin, è abbastanza scarna, limitandosi a fornire solo le indicazioni fondamentali quali qualche dinamica, l'agogica e qualche segno di accento dove serve, talvolta una qualche evidenza alle voci interne (questo è un modo di scrivere molto classico, assai vicino al primo Beethoven). Dopo la prima pubblicazione, qualche editore ha provato a dare qualche titolo ai componimenti al fine di aumentarne le vendite ma con scarso successo, i Preludi restano senza titolo e la disposizione, così come il numero d'opera, sono voluti dall'autore stesso.

1) Do Maggiore - Agitato

E' l'apertura della raccolta (in questo caso non me la sentirei di chiamarla suite, i legami tra un pezzo e l'altro sono assai effimeri e speculativi), un guizzo breve e dalla melodia poetica ma ritmicamente molto interessante. Certuni hanno voluto vederci una citazione diretta del primo preludio del vol. 1 di Das Wohltemperierte Klavier di Bach, ma a parte la tonalità e la disposizione delle parti in ampi arpeggi, i due pezzi non hanno assolutamente nulla in comune. Infatti, il preludio di Bach è costruito su degli accordi arpeggiati, formanti una cellula ritmica che si ripete regolare molte volte fino all'ultima battuta; tutto il carattere del brano è dato esclusivamente dall'armonia contenente di volta in volta dissonanze più o meno forti. Il preludio di Chopin, al contrario, non è costruito solo su accordi arpeggiati ma su una melodia sincopata che traccia due picchi molto evidenti sia in intensità sonora che in altezza, dando un senso di compiutezza al pezzo che pur si svolge nell'arco di pochissime battute.
Il primo preludio è un Agitato in 2/8 su un totale di 34 battute. Esso è scritto su 3 linee melodiche, le "voci", ben distinte e di cui una è un breve arpeggio del basso alla mano sinistra che scandisce l'armonia, la seconda è la vera melodia ed è sincopata, partendo sempre un sedicesimo in ritardo sulla battuta e poi c'è la voce acuta che, con le altre due voci, completa l'armonia. 

Chopin Prelude 1
La prima frase del preludio

Il pezzo è composto di sue sole frasi: la prima è di 8 battute e sostanzialmente propone timidamente un'idea musicale che nelle successive 26 battute viene iterata con cromatismi fino al culmine di battuta 21 per poi discendere nuovamente nella regione grave della tastiera e lasciare che l'impulso si spenga portando a compimento la composizione. 

Coda Chopin prelude 1
Culmine e finale

Le dinamiche sono quasi assenti, tranne un generico "forte" all'inizio, perché in questo caso si "suona come si canta", assecondando il sentimento che viene ispirato dai suoni, ciò rende questo preludio l'essenza stessa della musica, in sole 34 battute. Per concludere, il primo preludio è una sorta di climax a 3 voci che miniaturizza una scena lirica compiuta in pochissime battute ed è autoconclusivo, senza in alcun modo allacciarsi a ciò che viene dopo.

2) La Minore - Lento

Il secondo preludio è esattamente l'opposto del precedente, come carattere, costrutto armonico e melodico, dinamica. Il preludio è in 2/2, Lento e con un totale di 23 battute, formato da un tappeto di accordi pesanti e gravi che accompagnano una melodia in registro medio nella scala melodica di La minore. Differentemente dalla composizione precedente, il secondo preludio è formato da un'unica frase che si ripete per tre volte su tre diversi accordi della tonalità di impianto, senza mai affermarla decisamente fino alla battuta finale, mostrando così una grande inventiva armonica, decisamente inusuale sia per Chopin che per il momento storico.
Il preludio inizia con 4 battute di pesanti accordi gravi che definiscono l'accompagnamento e sono formati dalla sovrapposizione di due linee melodiche di cui una accenna il tema del dies irae gregoriano (si-la#-si-sol) mentre l'altra riempie l'armonia. 

Chopin prelude 2
Inizio del Preludio con evidenziate le note del Dies Irae

L'inizio è piuttosto enigmatico: compare un accordo di Mi minore, col sol naturale, che lascia indefinita la tonalità d'impianto e non fornisce nessun riferimento. L'inserimento della melodia alla terza battuta, che poi si appoggia su un Sol Maggiore, rende ancora più ambiguo l'insieme. Dopo 7 battute la melodia si ripete partendo da un Si Minore per spostarsi a Fa# Minore. Esaminando attentamente la successione di accordi impiegati, si può dedurre che Chopin stia giocando con i "modi" (la mancanza di un 7° grado, la sensibile), accostando tra loro gli accordi delle dominanti secondo l'uso consueto ma rimanendo in una zona di incertezza tonale che, con le appoggiature varie sembra quasi jazzistico. Alla terza ripetizione (btt. 14 e seg.) la melodia ricompare più decisamente sulla scala di La Minore mentre si va delineando un accordo di 9a di dominante con una sensibile (sol#) che finalmente compare in chiusura nelle ultime 2 battute a confermare la tonalità di impianto del pezzo. 

Chopin prelude 2, ending
Ultima apparizione del tema

Confrontando questo preludio con altre opere del polacco, emerge quasi la miniatura di un notturno, per le tinte fosche, ambigue e la melodia limpida, solitaria e oscillante tra tonalità lontane, con la dinamica che prescrive sempre piano per l'intera durata della composizione. Molta musica successiva a questo pezzo avrà caratteristiche simili, come le composizioni brevi di Satie e il preludio in Do# minore di Gershwin.

3) Sol Maggiore - Vivace

Il terzo preludio è un pezzo semplice, quasi un'improvvisazione trasposta su carta e per la precisione è un moto perpetuo che funge quasi da studio per la mano sinistra. E' un componimento di 33 battute, in 4/4 e Vivace in cui l'impulso, ossia il soggetto, è dato dalla rapida figurazione di 4 quartine di semicrome che fa da accompagnamento e che racchiude anche gli accordi formanti l'armonia di base, mentre la mano destra suona una melodia di terze e seste, sempre in Sol Maggiore. La struttura del pezzo riprende quella del primo preludio con 11 battute di proposta a cui segue una sorta di risposta che porta alla conclusione, prima di una codetta virtuosistica con una specie di volata.

Chopin prelude 3
Inizio del Preludio n. 3

Questo preludio è stato in passato paragonato al volo degli uccelli, paragone quanto mai azzeccato visto il suo carattere spensierato, leggiero e volante sulla tastiera. La sua difficoltà esecutiva è data principalmente sia dalla figurazione che deve suonare la mano sinistra che dall'arpeggio finale. Per la sua scrittura, il preludio assume quasi le caratteristiche di uno studio.

4) Mi Minore - Largo

Come per il precedente La Minore, questo preludio esprime un forte contrasto col predecessore: ritorna, come è tipico nello stile di Chopin, la melodia monolitica e secca alla mano destra, il canto, mentre la sinistra esegue un accompagnamento armonico di pesanti accordi. Il quarto preludio è in 2/2 e Largo, con un "piano espressivo" come indicazione dinamica. Alfredo Casella paragona questo componimento all'Arioso della sonata n. 31, op. 110 di Beethoven e mi trova completamente d'accordo, anzi aggiungerei anche dei richiami agli Improvvisi op. 90 di Schubert, come il Trio di quel famoso n. 4 in La bemolle Maggiore. Malgrado consti di sole 26 battute, questo preludio, come il secondo, gode di una grande ricchezza armonica ottenuta dal moto cromatico discendente delle parti interne degli accordi che, con la melodia, formano delle dissonanze assai ardite anche per Chopin. Queste vengono addolcite notevolmente dalla sapiente disposizione degli accordi in cui gli stridenti urti di semitono si vengono a trovare a distanza di un'ottava, mentre i tritoni derivanti dal moto delle parti gravi restano in secondo piano rispetto al canto, senza disturbarlo. 
Strutturalmente parlando, è una brevissima romanza senza parole, in cui una melodia molto semplice di 5 battute viene fatta seguire da un breve sviluppo di libera invenzione di 8 battute, prima di una breve ripresa (altre 4 btt.), un climax e una breve coda. Questo preludio è un altro capolavoro di miniaturizzazione di forme musicali molto più estese.

Chopin prelude 4
Inizio del preludio 4


5) Re Maggiore - Molto allegro

Preludio di difficile interpretazione, che assomiglia di più ad un'improvvisazione, a qualcosa scritto di getto, molto più destrutturato rispetto a Sol Maggiore. Questa idea è rafforzata dal fatto che le sue 39 battute siano scritte a moduli che si ripetono e che complessivamente esso assuma una forma ciclica di A-A'. Il preludio è in 3/8, Molto allegro; parte con un piano per poi proseguire con un generico forte, senza altre particolari indicazioni.
La sezione A è suddivisa in una proposta ed una risposta negativa articolate in 4 + 8 battute e 4 battute di coda. La partenza è sull'accordo di V di Re, La maggiore, con si e sib che compaiono fugacemente come voce intermedia prima di lasciare il posto alla risposta convulsa che modula lontano da Re maggiore, a Fa# Maggiore. 

Chopin prelude 5
Preludio 5 in cui sono visibili sia la proposta con la voce intermedia, sia la risposta verso toni lontani

La ripresa A' torna improvvisa alla battuta 17 e si mantiene in Re Maggiore fino alla breve coda che richiama l'inizio chiudendo ciclicamente il pezzo. 
E' un brano di notevole difficoltà tecnica, dovuto al fatto che la mano sinistra deve muoversi rapidamente su intervalli piuttosto ampi e la destra ha pure le sue complicazioni.

6) Si Minore - Lento assai

Questo preludio è il duale del n. 4: il canto passa alla mano sinistra, nella regione grave della tastiera, mentre la destra intona un accompagnamento fatto di note ribattute, ruotando attorno alla tonica, il si. Esso consta di 26 battute, è in 3/4 e Lento assai, in forma di una romanza senza parole che, con i lugubri rintocchi delle note ribattute, assume l'andamento di una marcia funebre. Strutturalmente parlando, è un pezzo molto semplice, costruito con due frasi opposte, la prima con slanci ascendenti e la seconda discendenti che formano il cupo canto mentre la mano destra completa l'armonia. 

Chopin prelude 6
Preludio n. 6, inizio


Le dinamiche come "sottovoce", "1 corda", "pp morendo", sono evocative del sentimento di tristezza evocata dal brano. In questo brano si può già scorgere l'op.35 dello stesso Chopin ma anche i rintocchi di "Le gibet" che Maurice Ravel scriverà settant'anni dopo, nel 1908.

7) La maggiore - Andantino

Con 17 battute, questo preludio è la composizione compiuta più breve del repertorio pianistico; primato duramente conteso dai pezzi op. 19 di Schoenberg. Esso è una piccola mazurka, in 3/4 come da ritmo della danza e Andantino, costituita da due brevissime frasi A e A' in cui varia solo la conclusione. 

Chopin prelude 7
Preludio n. 7


Tutto in questo breve pezzo è ridotto al minimo possibile e l'avanzamento del discorso musicale è dato dalla ripetitività del breve inciso delle prime 3 battute, posto di volta in volta su armonie diverse. L'unica indicazione dinamica fornita da Chopin è un "p dolce" all'inizio che diventa "pp" agli accordi finali, il che lascia una certa libertà di azione all'esecutore per arricchire questa piccola miniatura.

8) Fa Diesis Minore - Molto agitato

Questo preludio è uno dei più difficili della raccolta, nonché uno dei più ampi. Tecnicamente è uno studio per la mano destra in cui una melodia in Fa# Minore suonata esclusivamente col pollice della destra, viene fiorita da delle figurazioni di biscrome, rapidissime che rinforzano la melodia stessa e ne completano l'armonia. La mano sinistra suona degli arpeggiati discendenti che aggiungono la difficoltà di incastrarsi con la destra in una poliritmia. Fortunatamente la ripetitività delle figurazioni utilizzate mitiga l'impegno globale richiesto dalla composizione. 
Il preludio è in 4/4 e Molto agitato per un totale di 36 battute ed ha una struttura tematica abbastanza complessa. Esso inizia con 2 battute di proposta e risposta positiva in cui viene presentato il tema principale, con un ritmo di croma puntata più semicroma che resta inalterato fino alla fine. 

Prelude 5, beginning
Tema: proposta e risposta 

Seguono 2 battute di risposta con una discesa cromatica nuovamente di un'ottava. Il tema riprende con nuova energia per altre 2 battute salendo di un'ottava a cui seguono ben 8 battute di discesa cromatica che fungono da una sorta di sviluppo, in cui Chopin divaga su tonalità assai distanti facendo ampio uso dell'enarmonia. 

Chromatic descent
Discesa cromatica

Prima della ripresa seguono 2 battute in "ff" sospese su una sorta di VII grado scritto con i bemolli (lontano da Fa#) e poi 2 battute in "p subito" che ripetono le due precedenti e preparando la ripresa. 

Prelude 8, suspension
Sospensione prima della ripresa

Il ripresentarsi del tema, "
Molto agitato e stretto" è breve e fugace, riconoscibile dalla proposta iniziale, a cui non segue la risposta iniziale ma comincia subito ad innalzarsi verso un culmine in fortissimo che lascia poi spazio alla lunga coda (10 battute) che oscilla tra Fa# maggiore e minore, prima della conclusione definitiva in minore.
In questo preludio è sufficiente l'agogica a descriverne il carattere generale, il sentimento evocato e l'immagine di fondo sottintesa dalla musica. Si tratta di un "unicum" anche nella produzione di Chopin, infatti non se ne trova un altro simile in tutta la sua opera, segno che in queste piccole composizioni egli si sentiva libero di dire ciò che voleva senza ricondursi a schemi prefabbricati.

9) Mi Maggiore - Largo

Il preludio n. 9 è un'altra di quelle composizioni brevi ma intense che si incontrano spesso non solo nel corso di questa raccolta ma in generale nell'opera di Chopin. A mio parere, questo pezzo richiama esplicitamente Beethoven, in particolare la celebre sonata n. 2 dell'op. 27 (Chiaro di Luna) e l'adagio della sonata op. 13 "Pathetique"; lo si può notare dalla costruzione stessa del tessuto musicale. 

Chopin prelude 9
Tessitura del Preludio 9, notare la somiglianza con la sonata al Chiaro di Luna di Beethoven

La melodia principale è la voce più acuta, la quale si appoggia su un accompagnamento di terzine in cui si staccano gli accordi principali e inizia con una nota ribattuta con croma puntata e semicroma, incastrata sopra la terzina, proprio come nella Sonata al Chiaro di Luna. Il basso esegue invece una linea melodica indipendente, proprio come nella Patetica. Queste due celebri sonate del compositore tedesco sono qui mischiate assieme e trasfigurate in una nuova poetica, più drammatica e grandiosa, il cui effetto emotivo è dovuto principalmente agli accostamenti di accordi lontani ottenuti per cromatismo e ai due grandi crescendo che costituiscono l'ossatura del componimento.
Il preludio n. 9 è in 4/4 e Largo, costituito di 12 battute costruite su di un unico tema in Mi Maggiore che, divagando attraverso tonalità lontane come Do maggiore e La bemolle maggiore, raggiunge due culmini: uno a battuta 8 e l'altro alla fine, come conclusione del pezzo. Si badi che, al giorno d'oggi, è entrato in uso lo sfasare le semicrome dalle terzine ma non era assolutamente nelle intenzioni di Chopin: a quel tempo la croma puntata seguita dalla semicroma era un'indicazione per allinearsi alla prima e alla terza pulsazione della terzina. Lo sfasamento modernamente inteso è quello al basso, con il doppio punto e la biscroma; il preludio dovrebbe suonare quindi come una cantilena, meno tragica di come viene eseguita abitualmente ma più dolce, più "tonda" e in linea con il ritmo dettato dalle terzine.

10) Do diesis Minore - Allegro molto

Il decimo preludio è un altro di quelli che sembrano un'improvvisazione, intesa come qualcosa scritto di getto e senza troppe revisioni. E' un piccolo pezzo di 19 battute, in 3/4 e Allegro molto, costruito attorno ad una figurazione di gruppi di 5 semicrome che discendono su di una scala di Do# minore e che si ripete per 4 volte; 3 volte essa appare uguale a parte la conclusione, una volta invece è sul quarto grado. 

Chopin prelude 10
Tessitura del preludio 10

Ogni volta che la figurazione termina, per contrasto, il movimento si ferma e subentra una sequenza di accordi di risposta. Si tratta di un pezzo molto breve e molto delicato, con una resa sonora complicata, come testimoniato dalla dinamica curata e piena di forcelle che indicano una discreta varietà di intensità sonore da adottare per non appiattire il tutto.

11) Si Maggiore - Vivace

Il preludio in Si Maggiore è un pezzo leggiero, fugace e che passa quasi inosservato nel marasma dei ventiquattro ma che ha una bella ricchezza di inventiva melodica e armonica, racchiusa in 27 battute. Il pezzo è costruito di iterazione in cui, ad ogni ripetizione della cellula tematica principale, si aggiungono delle risposte diverse che creano un unico flusso che va dalla prima battuta alla ventunesima. La cellula di origine del pensiero di questo preludio è la breve sequenza a due voci delle battute 3, 4 e 5, che viene ripetuta tre volte per intero (con piccole variazioni al basso e alle acciaccature) e una quarta volta monca per lasciare spazio alla corta coda. Ad ogni ripetizione si aggiunge una breve divagazione sulle tonalità vicine a Si Maggiore. 

Chopin prelude 11
E' subito ben visibile la cellula tematica su cui si basa il brano

Il risultato generale di questa operazione è una composizione breve, spensierata con uno slancio melodico che parte da una singola nota, poi una voce, si aggiunge un basso, compaiono degli accordi e alla fine si svuota e si esaurisce come un pensiero fuggitivo che si disperde nell'aria.

12) Sol diesis Minore - Presto

Questo preludio, come da consuetudine, è esattamente agli antipodi del precedente: lungo, agitato e complesso. Si tratta di un Presto in 3/4 formato da lunghe sequenze cromatiche con le note ribattute a due a due. A mio avviso, questo brano riprende un gesto dalla sonata n. 17 di Beethoven, conosciuta come "Tempesta", in cui i temi sono formati da sequenze di note ribattute a due a due discendenti. Chopin qui riprende l'idea del tedesco e la ribalta (scale ascendenti e non discendenti), la velocizza e, con il colore sonoro dato dal cromatismo, dà forma ad una vera burrasca di note (qualcuno la definisce una cavalcata tragica).
Il tema principale, costituente la prima di queste ondate, è espresso nelle prime 5 battute, con una scala cromatica di note ribattute accompagnate da accordi che si alza di un'ottava, prima di lasciare spazio a 3 battute di risoluzione. 

Chopin prelude 12
Tema e risoluzione, prima della seconda ondata

Immediatamente dopo parte la seconda ondata, in cui si ripete la medesima scala cromatica, segue una zona culminante di 7 battute formante una sorta di esposizione, che si esaurisce in Si Maggiore e lascia spazio ad ulteriori 20 battute di sviluppo. 

Culmine tema
Culmine e conclusione in Si Maggiore

Preludio 12, sviluppo
Zona di sviluppo

In queste ultime, Chopin crea una sezione di attesa abbastanza lunga, in rapporto alle dimensioni complessive del pezzo, in cui dapprima ferma la musica (btt. 21-28) per poi ricaricare la tensione sonora con frammenti dell'esposizione accostati, passanti su tonalità lontane e terminanti sul V grado, Re diesis. 
A battuta 40 riparte l'ondata del tema iniziale in una sorta di ripresa, ripetuto integralmente, prima di lasciare spazio ad una lunga coda che, come nella consuetudine di questi preludi, si dissolve su frammenti di tema in modo assai etereo, con la sorpresa finale di un bel V-I in fortissimo.
Questo preludio è un pezzo di grande effetto e di notevole interesse tecnico, quasi uno studio per le dita deboli, fatto che lo rende tra i più temibili della raccolta.

13) Fa diesis Maggiore - Lento

Pur essendo un'oasi di pace tra due grandi marasmi, questo preludio è altresì sviluppato come il precedente ma di carattere ben diverso e nettamente in contrasto sia col n. 12 che con quello che poi segue. Esso assomiglia ad un notturno, in 6/4 e Lento, con una struttura episodica. Infatti, esso inizia con un episodio autoconclusivo in Fa# Maggiore costituito di due elementi: la melodia, formata da accordi alla mano destra, che inizia in tonica e finisce in dominante dopo 7 battute, ed è formata da un breve inciso che si ripete due volte con fioriture. Il secondo elemento è l'accompagnamento, formato da degli arpeggi di appoggiature sui gradi principali della scala di Fa#. Questi elementi formano il tema del I episodio del preludio. 

Chopin prelude 13
Tema del I episodio

Dopo 8 battute di esposizione, il tema viene ripetuto nuovamente fiorito e con l'aggiunta di una coda che conclude a battuta 20 in Fa# Maggiore. Il II episodio del preludio inizia in Re# minore, "Più lento", con una struggente melodia che si appoggia su un accompagnamento di accordi ribattuti e che è sostanzialmente il rovescio del tema del primo episodio. 

Preludio 13, II episodio
II Episodio

Questo episodio non costituisce uno sviluppo ma una sorta di breve intermezzo, di sole 8 battute, che re-introduce il Fa# Maggiore del III episodio, che altro non è che una coda di 10 battute che, similmente ad un'improvvisazione, chiude scomponendo il tessuto armonico su tre livelli, imparentandosi con i due episodi precedenti e donando unità sonora e formale all'intero pezzo. 
Pianisticamente parlando, questo preludio è di semplice esecuzione ma di soddisfazione per la melodia cantabile, molto sentimentale e la struttura varia che lo rende poco ripetitivo e accattivante per l'ascoltatore.

14) Mi bemolle minore - Allegro

Questo preludio, in 2/2 e "pp - sottovoce", è uno dei più brevi della raccolta, una sorta di guizzo apparentemente informe ma che invece nasconde un tessuto armonico e melodico raffinato. La scrittura del preludio è semplice, un disegno pianistico composto di terzine con entrambe le mani all'ottava. La dinamica "pesante" posta all'inizio del pezzo, sottintende che questo non sia un pezzo meramente virtuosistico ma un qualcosa di più sentito e intimo, quasi fosse un lamento dell'anima. Tra tutti i preludi, infatti, questo è forse il più bistrattato e il meno capito. Malgrado la scrittura lineare in terzine nasconda il reale tessuto armonico del pezzo, esso è costruito a due voci raddoppiate all'ottava, una interna che costituisce la melodia vera e propria, una estrema e acuta che invece completa l'armonia degli accordi e definisce l'andamento armonico del preludio. 

Chopin, prelude 14
Inizio del preludio con la melodia (rosso) e il completamento dell'armonia (giallo)

Il pezzo è costruito intorno a due sequenze modulanti di cui la prima, di 10 battute, parte da Mi bemolle minore e si sposta sui gradi della scala da I a V, la seconda, di 8 battute, ricomincia dalla tonica Mi bemolle minore, si porta su IV grado, intensificato dalla presenza di una 7a, e conclude di nuovo in Mi bemolle minore tramite una plateale cadenza plagale IV-I.
La difficoltà tecnica del preludio non è eccessiva ma le dinamiche sono tracciate in modo serrato, segno che questo pezzo non si debba esaurire in un guizzo rapido e meccanico ma che debba essere eseguito non troppo veloce con un'intensità altalenante senza esaurire tutto troppo in fretta. Questo preludio è un breve assaggio di quello che sarà poi il finale della sonata op. 35 dello stesso Chopin.

15) Re bemolle maggiore - Sostenuto

Il preludio in Re Bemolle Maggiore è di gran lunga il pezzo più famoso della raccolta e uno tra i pezzi più noti di Chopin. In un'edizione ottocentesca dei preludi era anche chiamato "goccia d'acqua" a causa della struttura del suo accompagnamento, costituito dalla tonica La bemolle ribattuta ossessivamente per tutta la durata del componimento. Questo preludio, in 4/4 e "p cantabile", è formato da 79 battute ed è diviso secondo lo schema classico di romanza con una parte A di esposizione (27 battute), un intermezzo B (38 battute) e una brevissima ripresa e conclusione di A (14 battute). La parte A è costruita attorno alla sua celebre melodia in Re bemolle, sopra un lungo pedale di dominante (La bemolle, 8 battute), a cui segue un breve sviluppo (12 battute) iterativo di un'inciso che modula attraverso La bemolle minore e Si bemolle minore, prima di un breve riepilogo del tema principale.

Chopin, prelude 15
L'inizio del preludio con la celebre melodia


L'intermezzo B, "un poco più mosso", continua da dove lascia la parte A, con l'ostinato continuo sulla dominante, cambiando tonalità nel rispettivo minore, Do diesis minore, ed è formato da due brevi incisi accordali al basso che formano il raggiungimento di ben due climax, a cui segue una lunga coda, terminante in Sol diesis maggiore, che per enarmonia diventa dominante di Re bemolle maggiore. 

Intermezzo preludio 15
Inizio della parte B, in Do# minore

Dopo un breve riepilogo del tema, il preludio si conclude "morendo" in Re bemolle maggiore, sempre sull'ostinato di dominante. 
Da un punto di vista esecutivo, questo pezzo merita tutta la sua fama per essere estremamente versatile nell'inserirsi in varie occasioni e fare un'immediata presa sul pubblico; non presenta difficoltà tecniche di rilievo e anzi si presta ad una resa più "sentimentale" d'effetto.

16) Si bemolle minore - Presto con fuoco

Il preludio 16 è un pezzo che, per la fortuna del pianista, è corto. Si tratta di uno studio per la mano destra, basato sulla scala di Si bemolle minore, con diversi momenti non facili da diteggiare, complicati dagli ampi salti alla mano sinistra. Il pezzo è introdotto da una battuta contenente 6 accordi di dominante che assecondano una breve discesa di sesta dove non vi è riportata alcuna indicazione, a parte la dinamica "f" e quindi il pianista è lasciato libero di preparare l'evento che sta per iniziare. Alla seconda battuta inizia il preludio vero e proprio, in forma di un pezzo virtuosistico caratterizzato da un tema di 8 battute (numero che torna spesso nei preludi) dichiaratamente in Si bemolle minore, in cui il basso armonizza il disegno melodico portante. 

Chopin, prelude 16
Introduzione e tema virtuosistico

Quest'ultimo è caratterizzato dalla scala di Si bemolle abbellita da vari cromatismi, che compie subito un lungo balzo verso l'acuto per poi "frantumarsi" in cromatismi e settime spezzate concludendo affermativamente in Si bemolle minore. In risposta all'esposizione segue una breve risposta di 8 battute di brevi cromatismi armonizzati appoggiando i gradi della scala di Si bemolle, poi breve cadenza V-I e ripresa del tema con altre 8 battute, tutto in "ff" e col basso raddoppiato con ottave. 

Cromatismi nel preludio 16
Cromatismi di sviluppo

La sezione finale di 21 battute è molto libera e formata dall'elaborazione del principale disegno melodico, partendo dall'idea cromatica insita nel tema e tentando ben due nuovi guizzi verso l'acuto senza che essi trovino sfogo. L'agogica è "sempre più animato" segno che questa parte è pensata dal compositore come un treno che va a sbattere dritto contro il capolinea e termina con un V-I brutale, semplice ed evidente.

Cadenza nel preludio 16
Cadenza finale

Dal punto di vista complessivo e tecnico, questo preludio è tra i più difficili della raccolta, se non il più arduo: la mano destra deve compiere delle piroette difficili da diteggiare mentre la mano sinistra, coi salti, non aiuta affatto. Inoltre anche la resa interpretativa del preludio non è semplice e non bisogna rischiare di finire in un'esibizione meccanica, ma occorre invece assecondare l'idea di onde che si infrangono come indicato dalle dinamiche volute da Chopin stesso. Infatti i segni inerenti l'esecuzione, in questo pezzo sono più presenti che in altri e assecondano sempre le rapide salite e discese del disegno melodico della mano destra.

17) La bemolle maggiore - Allegretto

Bellissimo preludio, il secondo più lungo della raccolta, che infatti consta di 89 battute, in carattere di romanza e che per scrittura e tema contiene già i semi di quella che diventerà la Ballata n. 3 op. 47. Il pezzo, in 6/8, è in forma complessa A-B-A'-C-A'' con una lunga coda e, dopo 2 battute di introduzione in "p", vede l'esposizione del tema in La bemolle maggiore caratterizzato da un'alternanza di proposta e risposta di 2 battute in 2 battute; la melodia è sempre nella voce più acuta, mentre le altre parti completano l'armonia. 

Chopin, prelude 17
Tema del Preludio n. 17

L'esposizione A dura 18 battute, poi inizia l'episodio B, piuttosto breve, che in questo caso è un vero e proprio sviluppo dove Chopin ricombina in modo sempre diverso i pochi elementi forniti dall'idea iniziale del tema. Lo sviluppo prende avvio da un Mi maggiore ottenuto enarmonicamente con un passaggio per nota comune lab-sol#  e vede il crearsi di un climax molto intenso da battuta 19 a battuta 34 vedendo poi un ritorno del tema in "ff" come sezione A', dato che viene ripreso per 8 battute prima di cedere il passo ad una nuova sezione di sviluppo. 

Sviluppo preludio 17
Fine dell'episodio B e inizio della breve ripresa A'

Questa sezione C dura altre 18 battute e procede in modo speculare alla precedente B: invece di disegnare una crescita verso un altro climax, questa sezione vede un progressivo spegnimento dell'intensità e della tensione sonora in precedenza scatenata e ritorna alla dominante Mi bemolle per enarmonia, esattamente come aveva iniziato. Segue l'ultima ripresa del tema, A'', in "pp sottovoce, come lontano" generando un effetto di smorzamento molto lungo e tutto su pedale di tonica La bemolle, disegnando così una lunga coda che termina il brano con un "ppp" e lasciando vibrare le corde. 

Ultimo ritorno del tema
Ultimo ritorno del tema

Questo preludio, come quello in Re bemolle maggiore, non presenta rilevanti difficoltà tecniche ma si presta ad un'interpretazione più sentimentale e meno meccanica che, grazie alla sua melodia struggente, si adatta molto bene a qualunque contesto; l'unica difficoltà di rilievo è la realizzazione delle dinamiche, molto presenti anche in questo caso, e di dover costantemente sottolineare la melodia coi mignoli.

18) Fa minore- Molto allegro

Il preludio in fa minore è forse il più destrutturato dell'intera raccolta di preludi. Questo pezzo, in 4/4, è basato su due piccole cellule tematiche che costituiscono l'idea su cui si regge l'intero pezzo, peraltro molto breve: la prima è il gruppo di 2 quartine di semicrome che ruotano attorno al II in 7a; la seconda è la sua appoggiatura in crome sul medesimo accordo che chiude la battuta. 

Chopin, prelude 18
Incipit del preludio 18 con la cellula tematica

La ripetizione della stessa battuta unita a 2 battute di "guizzo" virtuosistico che sviluppano la prima idea forma una sorta di tema che compie ben due ondate prima di esaurirsi. Da battuta 9 inizia qualcosa di nuovo: uno spostamento ritmico che cambia gli accenti della battuta e fa cominciare la nuova idea in levare che è quasi una speculare di quella iniziale. Anche qui, dopo 3 insistenze il pensiero si conclude con una rapida discesa prima di lasciare spazio alla terza e ultima idea. 

Seconda sezione preludio 18
Seconda idea e rapida conclusione


Essa costituita da un incalzante appoggio sulla dominante Do che stringe sempre di più, prima con accordi e poi con un'ultima rapida discesa tra le due estremità della tastiera che precipita diretta verso la conferma del Fa minore e conclude il preludio (tot. 21 btt.). Dal punto di vista armonico, il pezzo ruota tutto attorno alla scala di Fa minore, appoggiandosi talvolta un semitono sopra o sotto agli accordi principali ma senza mai modulazioni ardite come nei casi precedenti. Quello che sconvolge di questo preludio è il pianismo, di un virtuosismo quasi sfacciato, meno tecnico del precedente preludio in Si bemolle minore, ma d'immediato effetto sull'ascoltatore, quasi un'interpretazione di Chopin delle esibizioni di Liszt.

19) Mi bemolle maggiore - Vivace

Il preludio in Mi bemolle maggiore è un'altra invenzione tipica dello stile di Chopin, che deriva quasi direttamente dagli studi dell'op. 10, in particolare si può udire una certa assonanza con lo studio n. 11. Il pezzo è infatti una sorta di studio per gli arpeggi, sempre molto larghi con la melodia sempre appoggiata dal basso, le note intermedie non fanno altro che completare l'armonia. 

Chopin, prelude 19
Inizio del preludio 19


Dal punto di vista strutturale, questo preludio è simile al n. 17 con una forma A-B-A-C, con un tema chiaro e brillante in Mi bemolle maggiore seguito da un piccolo episodio di modulazione al IV grado, La bemolle maggiore, e iterazione del tema. Dopo un breve richiamo del tema stesso, segue una lunga coda su due lunghi pedali di Mi bemolle prima di arrivare alla conclusione. Il pezzo, pur composto di 72 battute, è in verità piuttosto breve per la sua agogica "Vivace" che implica un tempo piuttosto spedito per cui i vari elementi testé descritti, in verità appaiono come piccole digressioni.
Questo preludio è, assieme al n. 16 e al n. 24, uno dei più difficili della raccolta a causa dell'ampiezza degli arpeggi da suonare di getto e molto velocemente con le note più difficili da prendere poste proprio alle estremità. Malgrado ciò, tocca molte volte sentire questo preludio, armonioso e anche libero nella sua esecuzione, date le dinamiche ridotte al minimo, ridotto ad un mero esercizio in conta di più quante note si eseguono in un secondo. Non dovrebbe assolutamente essere questo lo spirito del preludio e non ci si lasci ingannare dall'agogica "Vivace" che non sottintende automaticamente un prestissimo ai limiti umani, quanto semplicemente un tempo mosso e poco meccanico.

20) Do minore - Largo

Come il preludio n. 15, anche questo è una delle composizioni più note in assoluto di Chopin. Esso è uno dei pezzi più brevi della raccolta, 13 battute in 4/4 ed è costituito di sole 3 frasi: la prima, in "ff e solenne" suggerisce quasi un corteo funebre molto vicino all'ascoltatore, e lo descrive richiedendo all'esecutore un'interpretazione assai drammatica. L'atmosfera è drammatica e il passo della marcia è dato dal ritmo puntato sul terzo quarto della battuta. L'armonia inizia con un vibrante accordo di Do minore e, spostandosi sui gradi della scala, concatena VI-IV-V-I-II in 7a-V. La seconda frase, in "p" risponde direttamente alla prima partendo nuovamente dal I e ritornando sul I alla fine, percorrendo in senso discendente i vari gradi della scala e dando un senso più statico dei suoni, suggerisce quasi l'idea che il corteo si sia allontanato. La terza e ultima frase è una ripetizione della seconda, in "pp", come svanendo in lontananza e ritardando, solo l'ultimo accordo che occupa la tredicesima battuta, è messo leggermente in rilievo e conclude tutto il pezzo. 

Chopin prelude 20
Preludio n. 20


Questo preludio trae spunto direttamente da Beethoven, infatti se ne può notare l'assonanza con la Marcia Funebre della sonata op. 26 e anticipa direttamente la Marcia Funebre dell'op. 35. Tecnicamente, questo preludio è uno dei più facili della raccolta ma resta un enigma cercare di trasmettere quel senso di rassegnazione insito nella musica stessa scritta da Chopin. Esso è stato oggetto di numerose variazioni, di Busoni, di Rachmaninov, ed è stato utilizzato anche in ambito pop, insomma ha conosciuto una fama senza tempo e senza confini.

21) Si bemolle maggiore - Cantabile

Il preludio 21 è un altro pezzo decisamente originale, innanzitutto per l'asimmetria della disposizione pianistica, poi per la sua struttura in cui non c'è nessuna ripresa o ripetizione, ma tutto fluisce come un flusso di coscienza. Il preludio, in 3/4, inizia con un Si bemolle maggiore non troppo dichiarato e camuffato da un accompagnamento al basse caratterizzato da due voci con andamento divergente, mentre il canto è una singola voce acuta. Questo episodio in cui viene presentato un tema in Si bemolle maggiore dura 13 battute, poi viene seguito da una breve cadenza che conclude l'episodio in Si bemolle maggiore. 

Chopin, prelude 21
Tema del preludio 21

A battuta 17 inizia un episodio nuovo, diverso dal precedente anche se lo richiama nei suoni: innanzitutto la tonalità muta improvvisamente a Sol bemolle maggiore, l'accompagnamento non è più con due voci divergenti ma 6e e 4e parallele e termina improvvisamente dopo 16 battute in Fa maggiore, dominante di Si bemolle, a cui segue una cadenza più lunga della precedente (6 battute) che riporta nuovamente in tonica e lascia spazio ad una coda.

Secondo tema del preludio 21
Secondo tema

Quest'ultima, comprendente 15 battute di cui 4 hanno un alternanza tra una breve iniziativa dell'accompagnamento al basso a cui risponde una breve figurazione del disegno di crome che ha accompagnato tutto il brano, rovesciato; poi nelle restanti battute il disegno melodico-armonico diviene sempre più aleatorio e conduce ai due pesanti accordi finali V-I che concludono il preludio. 
Da un punto di vista pianistico, questo preludio è più complesso di quello che sembra, a causa dei legati poco agevoli nell'accompagnamento e la velocità non eccessiva ma comunque sostenuta che asseconda il canto della parte acuta affidata alla mano destra. Esso inoltre è ricco di dinamiche tra "f" e "pp" che richiede un esame attento della transizione tra le diverse situazioni. Il carattere di questo preludio è tipico dello stile di Chopin e imita un certo tipo di scena lirica, in voga all'epoca in cui furono scritti i preludi con lunghe arie strappalacrime ala Vincenzo Bellini che qui vengono condensate e ben dosate nell'intensità e nella durata, cura che fa di Chopin il grande compositore che è stato.

22) Sol minore - Molto agitato

Il preludio 22 è uno dei più indecifrabili della raccolta, in cui tutto lo svolgimento del discorso musicale avviene al basso, nel virtuoso disegno di ottave, mentre la mano destra si limita ad accompagnare riempendo l'armonia, tramite un ostinato che si incastra in levare all'interno del ritmo del basso. Il pezzo è in 6/8 e inizia con un "f energico", con una melodia cupa e grave pienamente sulla scala di Sol minore. L'incipit con il ritmo puntato può richiamare Haendel, in quanto più di qualche movimento delle sue suite per tastiera incomincia nello stesso modo. 

Chopin, prelude 22
Tema del preludio al basso

La turbolenta zona espositiva iniziale dura 17 battute, molto rapide e che quindi passano in un baleno e termina con una cascata di ottave che porta a Re Bemolle Maggiore, una tonica lontana da Sol minore ma che in questo modo emerge improvvisa con la comparsa di un controcanto alla mano destra molto evidente e in netto contrasto con le scale di ottave al basso. 

Stacco nel preludio
Momento in cui emerge il Re bemolle maggiore

Questo breve intermezzo, cantabile e quasi eroico, dura lo spazio di 18 battute, molto energiche e fuggevoli con la melodia che viene iterata due volte, e ciò lascia una chiara impronta netta nella mente dell'ascoltatore che altrimenti percepirebbe solo un mesto brusio. Il preludio si conclude con lo stesso "guizzo" con il quale è cominciato, articolato in una coda brevissima e tre pesanti accordi V-I. Tecnicamente, è un preludio assai interessante per le scelte timbriche operate da Chopin, il quale esplora le potenzialità percussive del pianoforte adottando una scrittura quasi orchestrale e molto Beethoveniana. Dal punto di vista strutturale, questo preludio è, assieme al n. 14, quello che si avvicina di più ad un'improvvisazione messa per iscritto.

23) Fa maggiore - Moderato

Il preludio 23 è, nelle varie esecuzioni, uno dei più bistrattati, tanto da divenire quasi insignificante, prassi purtroppo ereditata da un certo tipo di pianismo di inizio '900 che puntava tutto sulla velocità e non sul possibile significato con cui caratterizzare il brano e distinguerlo dagli altri. Innanzitutto il preludio è in 4/4, con la semplice agogica di "Moderato" e una dinamica di "p, delicatissimo". La scrittura del pezzo è a due voci: una melodia scritta su arpeggi, che ha il ruolo sia di canto che di armonia, e un accompagnamento formato da un inciso con trilli, in cui il basso accenna una melodia, e una sorta di breve riempimento armonico che segue il disegno melodico principale. 

Chopin, prelude 23
Tema del preludio

Il preludio è assai breve e consta di 22 battute, con una struttura iterativa molto semplice: a 4 battute di proposta in Fa maggiore, in cui si alternano i due ruoli del basso prima descritti, seguono 4 battute di risposta in dominante, Do maggiore. Dopo queste 8 battute, la proposta viene ripetuta un'ottava più alta e, dopo 4 battute sul V e la dominante secondaria, il piccolo tema-proposta di 4 battute conclude il preludio in maniera quasi evanescente.
Dal punto di vista esecutivo, anche se può vagamente assomigliare ad uno studio degli arpeggi, questo preludio è quasi un ritorno di Chopin alle origini della tastiera, a Bach e Haendel e a quella scrittura orizzontale che deriva direttamente dalla coralità, di cui cercherà per tutta la vita di impossessarsi riuscendoci parzialmente solo alla fine dei suoi anni, con la sonata per violoncello e la Polacca Fantasia. Le esecuzioni tutt'ora in circolazione, purtroppo non rendono giustizia a questo preludio, allontanandolo decisamente dal riferimento delle sue fonti e rendendolo una specie di guizzo che passa quasi inosservato. Dovrebbe invece essere eseguito come si una Allemanda di Bach, molto moderato e con la giusta importanza da conferire ad ogni singola nota, mettendo in risalto l'iterazione del breve e semplice tema conduttore.

24) Re minore - Allegro appassionato

E' forse una delle pagine pianistiche più belle e meglio riuscite di Chopin, pur essendo meno famoso di altri preludi della raccolta. Il preludio in Re minore è un pezzo in 6/8 e formato da 77 battute, fatto che lo pone tra i più lunghi della raccolta ed è caratterizzato principalmente dalla figurazione d'accompagnamento di 4 semicrome e 1 croma, estesa su una dodicesima, che conferisce al pezzo un andamento strascicato, quasi in affanno. 

Chopin, prelude 24
Tema del preludio

La struttura del preludio non è ben definita secondo uno schema tradizionale ma anche in questo caso si è davanti ad una sorta di "melodia in evoluzione"; infatti, dopo un paio di battute di introduzione, entra il tema, nello stile tipico di Chopin della melodia secca e nuda adagiata sopra un accompagnamento turbolento. Il tema include inoltre delle brevi fioriture che consistono in rapide scale, marcate con "veloce", che danno un tocco di spettacolarità e virtuosismo al pezzo, contribuendo a muovere il tutto e concludendo sul V grado. 

Virtuosismi nella tessitura del preludio

A battuta 21 il tema ritorna trasportato al V grado, in La minore, mantenendo così il carattere cupo e drammatico del pezzo, con lo stesso espediente usato più volte da Beethoven e viene integralmente ripetuto, inclusa la breve cadenza con le fioriture poste in conclusione. Da questo punto in avanti, il preludio cambia forma, il tema non torna più ma inizia una lunga fase di trasformazione e di sviluppo degli elementi che porterà direttamente alla conclusione del pezzo, in modo molto teatrale e spettacolare, in un modo abbastanza inusuale anche per lo stesso Chopin. Da battuta 37 il tema viene citato e traslato dapprima in Do minore, come tonica secondaria e poi, partendo da questa tonalità, esso traccia un grande crescendo passando per Re bemolle Maggiore (scala napoletana, morbida e molto cara a Chopin) per tornare poi improvvisamente a Re minore per enarmonia Re bemolle-Do diesis, culminando in una brillante scala di doppie terze, sospesa su un accordo di 7° di sensibile che appoggia il Re minore, che torna infatti subito dopo. 

Cadenza sulle doppie terze
Culmine del preludio

Un ultimo sviluppo del tema di 9 battute che si appoggia su un accordo di 5° sovrapposte porta alla coda di 13 battute con gli ampi e brillanti arpeggi che appoggiano il Re minore su una sorta di cluster che appoggia di semitono l'accordo di Re minore. Il preludio, e con esso tutta la raccolta, si conclude con tre colpi di Re nella zona più grave della tastiera. 

Fine dei preludi di Chopin
Finale del preludio e della raccolta


Tecnicamente, questo preludio è tra i più difficili della raccolta, dietro quello in Si bemolle minore, primo a causa dell'ampiezza dei veloci arpeggi alla mano sinistra, secondo perché a volte è difficile incastrare gli abbellimenti nell'accompagnamento e infine per la scala di doppie terze che risulta sempre insidiosa anche per i pianisti più agguerriti. A parte questo, il preludio 24 è il pezzo più caratteristico dell'op. 28 ed uno dei pezzi più drammatici del compositore polacco. 

In conclusione, i 24 preludi sono una summa dell'arte di Chopin, in cui è concentrato una sorta di piccolo universo nell'arco di poche battute, perfettamente coerente, logico e ricco di idee assolutamente dirompenti per l'epoca della composizione. Per questo motivo i Preludi hanno avuto un successo storico e sono divenuti repertorio fisso del pianoforte negli anni successivi alla loro composizione.

I contenuti presenti sul blog “Alerossiclimbemusic” sono di proprietà di “Alessandro Rossi”.È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.Copyright © 2019 – 2025  “Alerossiclimbmusic”. Tutti i diritti riservati.”


CHOPIN - Sonate

 CHOPIN Sonate Chopin , nell'arco della sua breve ma intensa esistenza, si è confrontato poche volte con le forme strumentali più estese...