TRA I VAPORI DEL FUMANTE
La voglia di roccia era rimasta e cercai di coinvolgere Stefano in una nuova impresa per alzare di un poco l'asticella delle capacità, un po' ringalluzzita dall'ultima salita al Cimoncello. Era verso la fine di giugno ed era mia intenzione rinnovare il tentativo alla via Soldà sulla parete sud della Sisilla, uno scoglio a qualche minuto dal Rifugio Campogrosso che già ci aveva respinto per maltempo in precedenza.
Questa strapiombante parete si innalza direttamente sopra il Passo di Campogrosso ed è percorsa da itinerari di estrema difficoltà, oltre ad ospitare una palestra di roccia sui suoi strapiombi basali.
Stefano partì di slancio lungo la prima difficile fessura: a differenza della volta scorsa, in cui c'era una nebbia fittissima a braccetto con molta ignoranza, imbroccammo subito quella giusta (tanto la colpa è sempre della relazione). Dopo averla salita io lo seguii come un gorilla in piena digestione post pasquale e lo raggiunsi su un magro terrazzino.
Venne quindi il mio turno di condurre la danza e cominciai ad arrampicarmi lungo la parete gialla e strapiombante fino ad una pancia a cubetti, di roccia friabile, in cui mi appesi ad un chiodo studiando il da farsi, con lo sguardo greve proteso verso il cielo, volto a nascondere il profondo imbarazzo in cui mi trovavo.
Cominciai ad innalzarmi lentamente ma deciso usufruendo del chiodo e cercando qualunque cosa orizzontale si potesse afferrare, specialmente un cubettone di roccia che mi occhieggiava un po' a sinistra quando, d'un tratto, il buon Stefano se ne uscì: "vecchio (già intuiva la mia senescenza precoce), oggi non ho voglia di tribolare, andiamo giù". Io protestai: "dai, almeno facciamo un tentativo, ormai sono qui...", ma lui replicò: "...dai, lascia stare, andiamocene, stemo qui tuto el dì". Mi arrivò come una doccia fredda addosso, sopra di me la parete illuminata dal sole mi sovrastava con fare arrogante e beffardo (che romantico!) ma evidentemente non era giornata, almeno per il compagno e così buttammo le doppie e in pochi minuti rientrammo alla macchina.
La giornata però aveva ancora altre possibilità da offrire, dato che era appena ora di pranzo, perciò pensai: "senti, e se andassimo alla Guglia GEI? E' infra-settimana, non c'è nessuno e la via è una classica facile, ci divertiremo lo stesso, tanto xe lì! (classica insinuazione per infondere fiducia al partner bighellone ben sapendo di mentire)". Dopo qualche titubanza Stefano accettò e in breve ci incamminammo verso il Piazzale SUCAI.
Questo è una grande conca rocciosa solcata da impervi canaloni di frana ma circondata da un anfiteatro di pareti e guglie unico nel suo genere (vedi la pagina "A proposito del Carega"), che a loro volta formano il Gruppo del Fumante. La Guglia GEI è la prima guglia che si trova a destra, provenendo da Campogrosso, ed è percorsa da una via del 1932 di Menato e Pamato, due arrampicatori locali, apritori di alcuni altri itinerari di media difficoltà della zona.
Arrivammo all'attacco della via verso le due del pomeriggio con il morale risollevato e ci fermammo per una pausa ristoratrice mentre intorno a noi cominciavano a salire le nubi dal fondovalle che proprio su queste guglie vanno ad accumularsi, dando giustizia all'appellativo Fumante di questo gruppo montagnoso.
Come nella mattinata fu sempre Stefano a prendere l'iniziativa, rinvigorito nell'animo dall'aspetto più bonario del posto (e dal panino al salame che stava venendo disciolto nel suo stomaco), superando di slancio una placca levigata e procedendo poi attraverso un canale di roccia friabile fino ad un anello di sosta. Al mio turno mi resi conto di come fosse lisciata la roccia nei punti obbligati, abbastanza ovvio vista la facilità della via.
Raggiunsi il compare e proseguii delicatamente su rocce facili ma appena appoggiate e in parte sfasciate fino ad un bel terrazzo spazioso alla base di un camino mentre intorno a noi intanto la nebbia si faceva fitta e l'atmosfera cupa. Nessuno però disprezzava il bel freschetto del momento. Stefano ripassò in testa e scalò la placca a destra del camino, mitragliandomi di sassi dovuti alla roccia un po' "allegra" e poi si buttò nel camino. Qualche bestemmia dopo mi giunse chiaro il richiamo di risalita e lo raggiunsi in uno stretto intaglio. Meritata pausa ad osservare il panorama: ovunque attorno a noi i vapori che s'alzavano proiettavano raggi di sole che facevano assomigliare il gruppo di cime ad un'immenso vulcano che si stava raffreddando; eravamo nel silenzio assoluto silenzio, dettaglio che incuteva un certo timore al socio e a me l'ansia di doverlo incitare..
Riprendemmo la scalata; passai in testa e m'inoltrai oltre la forcella dentro una gola su rocce instabili per approdare ad una stretta balaustra sotto un grosso strapiombo giallo.
Riprendemmo la scalata; passai in testa e m'inoltrai oltre la forcella dentro una gola su rocce instabili per approdare ad una stretta balaustra sotto un grosso strapiombo giallo.
In questo punto convergevano tutte le vie della torre e la nostra saliva diretta lo strapiombo su chiodi così nuovi di zecca da avere ancora le zecche attaccate!
Niente paura, soprattutto davanti allo sguardo dubbioso del socio che mi fissava con pena, tirai fuori la staffa e subito aggredii lo strapiombo giallo e levigato.
Risultato: il consueto ribaltone con sbucciatura del ginocchio, data la mia esperienza minimale in fatto di staffe ed equilibrio unita al fatto che cominciavo infatti ad avere le braccia abbastanza molli per le acrobazie in Sisilla del mattino.
Rimasi l in contemplazione come un beota mentre dalla luce che andava affievolendosi appariva chiaro che bisognava trovare una soluzione entro tempi utili. Scartai decisamente l'idea di ripercorrere la strada già fatta, m'impettii come un soldato e cominciai a traversare a sinistra lungo un'esile cornice fino a trovare un chiodo (chiaramente non segnato nella relazione scaricata aggratis da internet, sempre colpa della relazione, eh!), superai una nicchia strapiombante cercando una via d'uscita dalla parete verticale che aggirasse gli strapiombi e trovai quindi un'altra cornicetta che continuando verso sinistra, all'improvviso, mi portò sulla cresta sommitale, a poca distanza dal blocco di vetta.
Recuperai molto alla buona Stefano che si stava spazientendo e finalmente guadagnammo la sommità della torre, proprio mentre le nuvole andavano diradandosi e appariva il tramonto.
Stefano sentiva la fame molto più di me, che mi ero perso un'altra volta in contemplazione perché subito mi presentò il problema di come scendere.
Tra le due cime delle guglie GEI e Negrin si apriva un vano colmo di ghiaie che verso ovest precipitava con un'alta parete verticale di roccia rotta. Cominciammo a percorrere il vano in lungo e largo e la prospettiva abbastanza snervante che si prospettava era quella di dover scalare la Guglia Negrin e discendere sul versante opposto, cosa che con la sera che avanzava non era tanto allegra (imparai in seguito che sarebbe stato molto semplice e veloce). D'un tratto, esaminando la parete della guglia Negrin, vidi uno stretto camino da cui penzolava un cordone, visto che esso non portava da nessuna parte verso l'alto, forse nascondeva un passaggio per poter scendere sul versante opposto. Stefano si precipitò subito nel camino in preda all'istinto di sopravvivenza e mi recuperò velocemente dalla sua sommità: da lì si apriva un corridoio nelle viscere della montagna, buio e umido. Mi inoltrai nel corridoio, che metro dopo metro diveniva sempre più stretto: ad un certo punto un blocco boccava l'uscita. Ovviamente per un attimo ebbi un tonfo al cuore, pensando che se mi fossi incastrato avrei fatto la fine della bionda di Kill Bill ma senza riuscire a rompere le pareti della mia tomba. Pensare in questi casi è deleterio: mi abbassai e effettuai il passaggio nello stretto foro al di sotto del masso; era così stretto che dovetti tirare il fiato fino sull'altro lato. D'improvviso la luce tornò a filtrare e ci trovammo sul Giaròn dea Scala, l'immensa colata di ghiaia che scende dalla cima del Fumante; lo percorremmo scivolando velocemente verso valle come due bimbi "innocenti" fino al sentiero che riportava a Campogrosso, felici nell'animo per l'avventura vissuta. Raggiungemmo la macchina con l'ultima luce dell'ora di cena.
Verso le guglie del Fumante
La Guglia GEI, la via si svolge presso la cresta di destra
Sulla prima placca della via
Giochi di nebbie sul Fumante
Il tiro del camino
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