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mercoledì 22 luglio 2020

KLEINER ANGELUSSPITZE - SOLO TRA I GHIACCI

KLEINER ANGELUSSPITZE 

Solo tra i ghiacci


Venne l'anno 2013, che già in primavera aveva visto una ripartenza timida dopo i disastri dell'anno precedente portando a casa qualche bella via di Arco come la Rita alla Parete Zebrata, mi trovai in vacanza con i miei genitori a Solda, località ai piedi dell'Ortles che ha segnato la mia esistenza fin dalla tenera infanzia.
Quando ero bambino tentai una volta di salire ad una delle vette del Circondario, il Kleiner Angelus, una piccola cima rocciosa ammantata da un piccolo ghiacciaio molto ripido; desistemmo a causa della neve alta che era caduta nei giorni precedenti e non se ne parlò più. 
Quell'estate, in un momento di caldo opprimente decisi di chiudere il conto con quella cima lasciata così in sospeso: presi la prima seggiovia del mattino per raggiungere il Kanzel e mi incamminai spedito lungo il sentiero per il Rifugio Serristori (Dusseldorf per i nordici) sorpassandolo dopo un'ora di cammino. Continuai lungo le imponenti distese moreniche dell'alta valle di Zai nella più totale solitudine; il caldo era opprimente ma il cielo terso. Raggiunsi la base del ghiacciaio dopo un'altra ora di cammino e di lotta coi macigni e risalii il pendio molto rapidamente raggiungendone la sommità poco dopo mezzogiorno: la vetta dell'Angelo Piccolo distava solo pochi metri lungo un piccolo pianoro di sfasciumi. Mi distesi tra i sassi ad assaporare un po' il calore del sole e il totale silenzio che regnava tra quelle creste, fissando ipnotizzato il movimento delle nubi di vapore che si andavano formando col calore del giorno. 
La pace di quel momento rimase per sempre scolpita in me quasi come un angolo segreto in cui rifugiarmi quando la vita purtroppo ci mette davanti alla dura realtà.
La discesa, se non per la foga con cui avvenne, non ha storia e riuscii a prendere l'ultima seggiovia alle 17,00, poco prima della chiusura (che avrebbe significato un'ulteriore pesantissima discesa lungo un sentiero faticoso).

panorama del gruppo dell'Ortles
La trinità dell'Ortles: Gran Zebrù o Konigspitze (sx), lo Zebrù e sua maestà a destra.

immagine dell'Angelo Piccolo dal rifugio Serristori
Il Kleiner Angelusspitze

immagine del lago alla base del ghiacciaio
Il piccolo laghetto alla base del ghiacciaio

immagine del piccolo ghiacciaio di Zai
Lungo il ghiacciaio

immagine della vetta dell'Angelo Piccolo
In vetta

autoritratto in vetta



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CAMPOCATINO

CAMPOCATINO


Malgrado i disastri, nel 2012 ci fu un'uscita felice, fatta per cercare di lasciarsi alle spalle le tristezze. Fui attratto dalle foto della Roccandagia, la Penna di Campocatino, perché rappresentava il giusto compromesso tra lunghezza, scarse capacità, bel tempo e ambiente ameno, o così pensavo io.

Campocatino è una piccola località situata sopra il lago di Vagli, visitata ed amata anche da David Bowie su cui svetta una montagna marmorea che espone ad est una affilata cresta, scalata la prima volta nel 1949. La montagna è esattamente al centro delle Alpi Apuane.

Proposi l'idea a Paolo che fu immediatamente d'accordo e ci avviammo alla volta di questa zona che nessuno dei due aveva mai visto.
L'ambiente ameno c'era di sicuro, tanto che rimirarlo una stradina secondaria credendola una scorciatoia, così larga e accogliente che in caso di fermata saremmo dovuti scendere dal bagagliaio, ovviamente chi aveva visto il parapetto, cos'era quella schifezza da donnette di città (!!). Beh, tanto Paolo dormiva...!
Arrivammo a sera a Campocatino con ancora le curve in corpo e, dopo una cena con vista lago piazzammo il nostro "campo-base" in un punto un po' defilato per non essere fermati come zingari. 
Sapendo di non avere il materassino premeditai di dormire in macchina dato che i sedili, già ben collaudati (eh se potessero parlare...!), erano larghi e confortevoli. Paolo dormì invece nella sua tendina, la solita cara e vecchia tenda tarlata usata nelle uscite dolomitiche. Era un fine settimana di luglio, ventilato e non caldo, con un cielo splendido.

Mi coricai pensando al giorno dopo, ripassando mentalmente la relazione e pensando che nei dintorni non c'erano bar quando, nel momento in cui presi sonno, suonò all'improvviso il telefono svegliandomi di soprassalto. Era un mio ex compagno di classe delle superiori, ubriaco marcio tanto che potevo sentire la puzza di alcol anche lì e che stava chiamando i numeri in rubrica. 
Felice della sua premura, aveva avuto il buon cuore di dedicarmi un pensiero, gli spiegai gentilmente in quale modo fosse stato concepito e che animale associare ad ogni santo del calendario, domanda pregnante all'una di notte e chiusi la conversazione.  
Mentre ceravo di riprendere sonno, ancora bestemmiante, si alzò improvvisamente un forte vento, tanto potente da scuotere la macchina come se fuori ci fossero dei teppisti che cercassero di farmi la festa e immediatamente cominciarono a turbinare grossi goccioloni di pioggia che mi costrinsero velocemente a chiudere il finestrino che avevo lasciato appena aperto per respirare. 
Nel bagliore dei lampi vidi la tenda di Paolo scossa violentemente e pensai a che goduria stesse vivendo in quel momento, a volte avere il braccino corto può avere i suoi lati positivi. Cullato dal vento e dal rumore continuo del vento che risuonava come un mantra presi sonno e riaprii gli occhi che il sole si era già levato sull'orizzonte.

Paolo, levatosi da poco anche lui, aveva l'aspetto del "sopravvissuto" ad una notte di guardia ma era comunque carico d'entusiasmo vista la limpida e fresca mattinata. Purtroppo nei dintorni c'era solo un campeggio e a quell'ora del mattino non c'era nessuno in giro perciò ci toccò avviarci verso la cresta con la pancia vuota (per fortuna avevamo fatto un lauto pasto la sera precedente). 
La ricerca dell'attacco ci fece perdere penare un po', è incredibile come in un boschetto di pochi metri quadrati il sentiero si potesse smarrire lasciando tracce in tutte le direzioni; ovviamente con alberi abbastanza alti e frondosi da nascondere la montagna sempre onnipresente durante tutta la marcia. Fortunatamente, con un po' di buon senso, trovammo il canale di attacco della cresta che stava sotto al nostro naso (facile, basta andare su sempre e comunque).

La prima parte della via per circa 70 m era un inferno verde: bisognava strisciare aggrappandosi disperatamente al "paleo", quell'erba a ciuffi molto lunga e pungente che nel Veneto è chiamata Loppa e che sulle Apuane cresce in maniera impressionante occupando qualunque anfratto, appoggio e fessura, crescendo perfino in parete purché sia appena meno pendente di 90°. Poco male, per due guerrieri l'erba era un riscaldamento in vista delle vere difficoltà: dopo il canale iniziale fatto dal sottoscritto Paolo prese il comando della cordata con volontà incrollabile e si lanciò senza paracadute per quattro lunghezze, per un totale di 150 m, con alcuni passaggi impegnativi dentro camini ma sempre caratterizzati da pendii di arrampicata vegetale. 
Un camino ricurvo a sinistra, in particolare, richiedeva un passo di schiena, ossia appoggiando i piedi sulla volta dove erano presenti appigli e chiodi mentre la faccia appoggiata era completamente levigata. Paolo piantò un chiodo piatto nel lato appoggiato, così messo bene che lo si poteva muovere con le dita. Arrivai al punto incriminato e non fui capace di cavarne un ragno dal buco, anche perché portavo a spasso lo zaino gonfio che ben avrebbe fatto da cuneo dentro il camino. Mi venne l'idea di mettere il piede in un cordino agganciato al chiodo di Paolo, che resse il peso incurvandosi in maniera preoccupante ma tenne. Inutile dire che poi saltò con una martellata. 
Le quattro lunghezze di corda alternavano tratti di roccia compattissima a dei pendii di erba così ripidi e scivolosi che non ne trovai mai più di così tosti, neanche nei viàz più selvaggi, infatti, dopo un tratto di arrampicata, dovemmo tirarci su praticamente come in spalliera sui ciuffi di erba pungente, le cui punte si piantavano nelle carni facendole arrossare e pizzicare. 
Giunti ad una forcella della cresta, dopo essere sopravvissuti all'incubo precedente, iniziava il vero viaggio sulla roccia apuanica, il marmo, con la sua ruvidezza e gli appigli taglienti come rasoi, attraverso torri squadrate e verticali pareti su entrambi i lati: seguirono una serie di passaggi di grande soddisfazione per la qualità della roccia e l'esposizione. L'ultimo tiro, una placca molto levigata che richiedeva decisione, V+, toccò al sottoscritto e ricordo che rimasi sorpreso da quanto attrito facevano le scarpette anche sul liscio, cosa che facilitò enormemente il passaggio.
Sbucammo per ora di pranzo sulla spalla della Roccandagia, in un cielo terso, ventilato e fresco: intorno non c'era nessuno, le cave tacevano, le montagne brulle facevano da guardiani alla conca di Campocatino, in lontananza si vedeva il mare. 
Si presentò un dilemma: scendere nel Canale di San Viano a sinistra o proseguire lungo la cresta fino alla vetta donde avremmo trovato un più comodo ma più lungo sentiero per scendere a Campocatino. Provammo quindi ad insistere lungo la cresta scavalcando due risalti ma ci arenammo davanti ad un muro a mattonelle, schiodato, che precludeva l'accesso all'ultimo gradone della cresta: ci consultammo e decidemmo che il lavoro di chiodatura per proseguire, visto anche il lungo viaggio di ritorno a casa, ci avrebbe sicuramente fatto perdere un sacco di tempo, unito al fatto che avevamo solo un mazzetto di 4 chiodi e bisognava attrezzare tutto. Inoltre il passaggio chiave stava là, dritto davanti a noi: un muro liscio e strapiombante rigato da una singola fessurina che richiedeva un bel lavoro di arrampicata artificiale.  
Ci avviammo a malincuore lungo lo spiovente che adduceva al canalone di San Viano accorgendoci subito quanto mendace fosse l'abbaglio che prendemmo: per più di 100 m scendemmo attraverso un pendio erboso ripidissimo saltando da un affioramento roccioso all'altro come naufraghi in un mare in tempesta che cercano disperatamente di aggrapparsi al relitto. 
Dopo un grande patema d'animo in cui i piedi non ebbero mai un appoggio orizzontale e stabile venne il canale: un solco con sassi affilati come il coltello del Piramid Head a guardia di Silent Hill, da percorrere seduti tanto era ripido e che presto mi lasciò in mutande (sopravvisse solo l'elastico dei pantaloni) esponendo al vento le mie orrende zampe pelose. 
Ad un tratto Paolo esclamò: "Da qui non passa neanche San Giuseppe!": il canale compiva un salto verticale completamente composto da un accatastamento di sassi e erba, tenuti insieme dal fango secco. Ecco che toccò disfare le corde, calarci lungo il salto e riprendere la "slitta" nel canalone. Arrivammo comunque a sera domandandoci quanto "intelligenti" siamo stati a non aver forzato quel muro, stanchi morti, però con uno spiraglio nel cuore.



Roccandagia
La Roccandagia col tracciato della cresta.

Campocatino
Campocatino

camini della Roccandagia
Nei profondi camini che solcano lo spigolo

placca lungo la cresta Roccandagia
Bellissimo passaggio lungo il filo di cresta

placca finale della Roccandiagia
La placca finale

vetta della Roccandagia
Al termine della cresta

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sabato 4 aprile 2020

SCHUMANN - Kinderszenen op. 15

SCHUMANN

Kinderszenen op. 15



Le "scene infantili" di R. Schumann è una suite di 13 pezzi per pianoforte ed è tra le più celebri composizioni della storia della musica per questo strumento, in particolare il primo e il settimo, utilizzati anche come colonne sonore in molte occasioni nel cinema.
Esse furono scritte nel 1838 ed ispirate da alcune lettere scritte dalla moglie di Schumann, Clara Wieck, in cui parlava della fanciullezza; in esse il compositore volle esprimere delle "reminiscenze per adulti da parte di un adulto", ossia il ricordo di alcuni attimi e delle relative emozioni vissute da bambini attraverso però la mente di un uomo maturo. Originariamente dovevano essere piccoli pezzi per bambini ma successivamente Schumann modificò il proprio giudizio come suddetto considerando questi pezzi già un'opera matura.


Le Scene Infantili sono articolate così:

  1. Di paesi e uomini stranieri (Vom fremden Landern und Menschen);
  2. Storia curiosa (Kuriose Geschichte);
  3. Rincorrersi (Hasche-Mann);
  4. Fanciullo che supplica (Bittendes Kind);
  5. Quasi felice (Gluckes genug);
  6. Avvenimento importante (Wichtige Begebnheit);
  7. Sogno (Traumerei);
  8. Al camino (Am kamin);
  9. Sul cavallo di legno (Ritter vom Steckenpferd);
  10. Quasi troppo serio (Fast zu ernst);
  11. Babau (Furchtenmachen);
  12. Bambino che si addormenta (Kind im Einschlummern);
  13. Il poeta parla (Der Dichter spricht).

Tutti i pezzi hanno una semplice struttura A-B-A e sono caratterizzati da un unico tema; talvolta, come si vedrà nel seguito, le frasi si ripetono più volte nel corso del brano. Ciò che rende le Kinderszenen speciali è la caratterizzazione dei vari pezzi che cercano di esprimere (o di guidare, per dirla col critico Hanslick) i sentimenti legati alla scena descritta dal titolo.

1) Di paesi e uomini stranieri. Schumann non segna alcuna agogica, come in nessun altro dei tredici pezzi, delegando quindi all'interprete la responsabilità di rendere al meglio la scena descritta (siamo ancora nell'ambito di una musica che dovrebbe essere cantata). E' un pezzo di 22 battute in Sol maggiore e in 2/4 scritto come una romanza, un canto accompagnato da semplici terzine di crome che ne completano l'armonia. Il tema di A è composto da una proposta e da una risposta positiva (2+2 battute) e da 4 battute di conclusione V-I. 

incipit Kinderszenen
Tema

Segue una sezione B in cui l'intervallo di quinta del tema viene invertito e la melodia diviene un controcanto al basso di una nuova melodia espressa dalle doppie terze alla mano destra.

sezione b
Sezione B

L'idea dei "paesi e uomini stranieri" viene resa dal compositore tramite l'arietta in Sol maggiore, in piano, di carattere sognante e ottimista che contrasta con la parte B in cui compaiono degli accordi minori, quasi a simboleggiare il lato oscuro che si cela verso ciò che non è conosciuto, angoscia che si dissolve quasi subito con il ritorno del Sol maggiore e la ripresa del tema.

2) Storia curiosa. In 3/4, 41 battute e mezzoforte per la gran parte del brano. Il tema è formato da una proposta di 4 battute a cui rispondono altre 4 battute; la proposta è costituita da due battute assai caratteristiche, con partenza in levare di 1/4, in cui si ode un motivetto in Re maggiore con un ritmo puntato addolcito da una piccola fioritura che lo rende meno marziale.

inizio di storia curiosa
Inizio: proposta

Le altre due battute riconfermano in maniera più vigorosa in Re maggiore le due battute precedenti. Nella risposta le prime due battute vengono ripetute mentre nelle altre due vi è una modulazione a La maggiore, dominante di Re, che prepara la successiva ripetizione. La parte A del pezzo è quindi formata da una frase che si ripete per uguale per due volte (sta all'interprete poi cercare di rendere diversa la ripetizione). La parte B è invece formata dalla breve fioritura di 4 battute attorno al Mi minore e dalla nuova ripetizione del tema a cui segue una codetta in Re maggiore. Anche i questo caso la frase viene ripetuta due volte e il brano si conclude, senza una vera ripresa.

seconda parte
Parte B

L'idea della "storia curiosa" viene resa da Schumann dal contrasto tra la breve proposta marziale iniziale e il distendersi del ritmo nervoso con le brevi scalette che conducono al La maggiore. Il disegno delle melodie che "salgono" e che passano rapidamente da un ritmo più agitato ad uno più tranquillo trasmettono all'ascoltatore un senso di aspettativa e di sospensione in attesa dell'arrivo della frase successiva che si conclude teneramente in Re maggiore, quasi a rassicurare l'auditore che tutto è andato bene.

3) Rincorrersi. Brano molto corto, di 21 battute e in Si minore, in 2/4. E' formato da una struttura A-B-A composta da due temi molto brevi. Il tema di A è una breve sequenza di scale di Si minore di 4 battute di I-IV-V-I che viene ripetuta. Il tema di B è lo stesso che viene presentato prima in Sol maggiore, poi in Mi minore, cadenza d'inganno V-VI e ritorno al Si minore con V-I. Segue una brevissima ripresa A e poi ritornello con la conclusione.

mosca cieca
Incipit del brano
cadenza di mosca cieca
Cadenza

La scena descritta dalla musica è immediata: si possono distintamente immaginare i bambini che si rincorrono o che giocano a nascondino grazie al contrasto del primo arpeggio sforzato seguito dalle scalettine staccate e in piano che seguono. Non c'è nessuna agogica ma la scena suggerisce velocità.

4) Fanciullo che supplica. Ancora più corto del precedente, in 2/4 e di 17 battute, assomiglia per costruzione al pezzo 2) se non fosse che la struttura armonica lo rende molto originale. La struttura A-B-A che governa i brani è qui molto labile in quanto caratterizzata dalla ripetizione della prima frase; in tutto il pezzo si possono distinguere tre frasi composte a loro volta dalla ripetizione (risposta positiva) di due semifrasi. Il pezzo è in Re maggiore ma la tonalità non viene annunciata apertamente se non dopo una battuta e per un momento sfuggente, insiste di più invece il La maggiore, la dominante. Anche la fine del pezzo rimane sospesa su una settima di dominante, senza conclusione, il tutto a suggellare la scena che il compositore si appresta a descrivere.

fanciullo che supplica
Inizio del brano che già mostra la particolare armonia

Lo sforzo fatto da Schumann per rendere al meglio il "bambino che supplica" è notevole: dall'armonia basata su appoggiature in cui Re maggiore rimane velato, alla tenera melodia discendente e in piano che simboleggia il piagnucolio e la fine sospesa, come se fosse in attesa di ricevere una risposta da parte dell'adulto, risposta che si può immaginare che arrivi col pezzo successivo.

5) Quasi felice. In 2/4 e Re maggiore, caratterizzato da un tema ascendente che continua sostanzialmente quello del pezzo precedente, gravitando attorno alla dominante La maggiore. La costruzione del pezzo è simile al precedente, ossia formato da frasi che si ripetono senza una vera ripresa ed una modulazione improvvisa da La maggiore a Fa maggiore molto accentuata durante la breve progressione finale.

quasi felice
L'inizio mostra già che il pezzo è una sorta di prosecuzione del precedente

Tocca all'interprete esprimere il "quasi felice" tramite il rubato del tempo assecondando gli slanci della melodia ascendente fino alla rassicurante conclusione in Re maggiore.

6) Avvenimento importante. Una marcia in La maggiore, in tempo dispari di 3/4 (solitamente sono in tempo pari ma dipende dalle unità militari) basata su una semplice armonia della scala di La. Formata da un A-B-A in cui il tema della marcia è ripetuto tale e quale all'inizio e alla fine. Al centro del pezzo (a meno dei raddoppi dovuti alla timbrica) c'è il Trio, ossia un episodio a tre voci e che funge da intermezzo alla marcia, in questo caso in Re maggiore.

avvenimento importante
Tema della marcia

                                    trio dell'avvenimento importante
Trio

L'idea della marcia è resa dall'evidente ritmo puntato presente nel tema e dalla verticalità della costruzione del pezzo; il carattere solenne serve a sottolineare quello che dice il titolo, ossia un avvenimento importante, accolto in pompa magna.

7) Sogno. Uno dei pezzi più famosi della letteratura pianistica, il più famoso di Schumann. In C, ossia 4/4 e in Fa maggiore, consta di una vaga struttura A-B-A in cui la forma trascende in una sorta di brano costruito su iterazioni. Esso è formato da 6 sequenze (che diventano 8 col ritornello) in cui è ripetuto sempre lo stesso incipit del tema (in una ripetizione è però in Si bemolle maggiore) e viene poi concluso in maniera diversa in ogni ripetizione (da qui l'iterazione), dando l'idea che da un nucleo centrale comune a tutte le idee si possa spaziare poi in direzioni diverse liberamente, proprio come in un sogno in cui la fantasia vaga libera. Il pezzo poi è costruito su una miniatura del linguaggio polifonico in cui le voci che lo compongono, sostanzialmente 4, compiono imitazioni e canoni in uno spazio molto ristretto mostrando la grande maestria del compositore nel trattare il movimento delle voci.

sogno
Inizio, si nota fin da subito una scrittura polifonica, imitativa, quasi corale

iterazioni del tema in sogno di Schumann
Iterazioni della frase, qui in una sorta di ripresa conclusiva

Il carattere del pezzo è calmo, tranquillo, la melodia va sempre assecondata perché essa guida l'ascoltatore nel sogno semplice e innocente del bambino alter-ego di Schumann calato all'interno di queste scene.

8) Al camino. E' la continuazione del brano precedente, in 2/4 e sempre in Fa maggiore, in cui il tema viene richiamato dal salto di quinta iniziale e dal movimento della melodia che ricalca quella del pezzo precedente. Questo brano ritorna alla forma della romanza, in A-B-A' seguita da una lunga (in proporzione) coda mentre l'episodio B è formato da una progressione che passa attraverso i toni minori.

al camino
Già dall'inizio si nota come una sorta di ripresa del pezzo precedente

Il titolo "al camino" qui non ha un significato letterale se riferito alla musica ma invece esprime la quiete dello stare davanti al fuoco dopo un'intera giornata, ricordando gli episodi trascorsi.

9) Sul cavallo di legno. E' un piccolo scherzo, in Do maggiore e 3/4, caratterizzato da una melodia sincopata alla mano destra (inizia con una pausa di croma) che si appoggia alla scansione sia ritmica che armonica della mano sinistra. La struttura della composizione è miniaturizzata: A è costituito da un'unica frase in cui la melodia passa dalla voce più acuta alla parte interna degli accordi mentre alla mano sinistra c'è un controcanto in contrappunto con la parte melodica; B è costituito da una lunga modulazione che sfrutta le appoggiature ai gradi fondamentali della scala per portarsi poi sulla dominante, Sol, e concludere con la ripresa di A, in cui il canto è nella parte interna degli accordi. In questa mini-ripresa vengono ripetute le prime quattro misure di A per poi concludere con altre quattro battute.

sul cavallo di legno
Per dare l'idea del dondolio, Schumann utilizza una sincope sul canto, mentre il tempo viene scandito alla mano sinistra

intermezzo del cavallo di legno
Breve intermezzo

La sincope molto rapida che compone tutto il pezzo e che si riunisce al basso sempre sulla terza pulsazione da l'idea del dondolio del cavallino di legno, mentre l'aria allegra ed eroica del pezzo suggerisce le avventure immaginate dal bambino a bordo del suo giocattolo.

10) Quasi troppo serio. In 2/8, tempo inusuale, è in Sol diesis minore. E' un pezzo costituito da una linea melodica accompagnata e composto da frasi di 8 battute al termine delle quali vi è una fermata con corona. La forma è A-A, ossia un'esposizione di tre frasi, seguite da un breve raccordo di 6 battute e poi dalla ripetizione integrale dell'esposizione fino alla breve corda conclusiva, sempre in Sol diesis minore.

quasi troppo serio
Tema ed omogeneità del pezzo il Sol# minore

Si tratta di un pezzo sommesso e con delle armonie cupe e tristi, quasi a voler interrompere la giornata spensierata. Si potrebbe leggere come il momento in cui bisogna andare a letto, momento dell'infanzia in cui tutti ci siamo trovati, a voler continuare a stare in piedi pieni di energie ma col bisogno poi di riposo in vista della giornata successiva. Di fatti, i brani successivi sono proprio la descrizione del momento in cui il bambino si reca a dormire.

11) Babau. Il titolo del brano in tedesco indica proprio il tradizionale mostro che spaventa i bambini nel buio. Malgrado il titolo poco allegro è un'ennesima miniatura di Schumann di una struttura abbastanza complessa. Il pezzo è in 2/4 e comincia sempre in Mi minore per poi concludere in Sol maggiore. La prima frase è composta dalle consuete due semifrasi di proposta e risposta, la prima di 4 battute caratterizzata dalla ripetizione del Si sopra una discesa cromatica, Schumann crea qui il mistero e l'attesa. A questa si contrappone poi una risposta negativa ma che imita la proposta con la ripetizione del Re al basso e la conclusione rassicurante a Sol maggiore. 

inizio Babau
Proposta


il Babau di contrasto
Risposta veloce e contrastante alla ricerca dell'effetto (vedi seguito)

Inizia quindi la seconda frase, "Schneller" che presenta una melodia al basso alternata a degli accordi staccati alla mano destra. Anche in questo caso l'armonia oscilla, tra Mi minore e Do maggiore (I-VI) come l'ultimo misterioso accordo. Segue quindi la ripetizione della prima frase e un breve intermezzo di 8 battute, forte e composto da elementi contrastanti (una quartina di semicrome, accordi staccati e una melodia di minime) che si porta da Do maggiore alla dominante di Mi minore, Si maggiore. A questo segue poi la ripetizione integrale dell'esposizione e la conclusione in Sol maggiore.
L'attesa creata dall'armonia della prima proposta, le varie rassicurazioni in maggiore che si avvicendano nel pezzo e gli episodi più veloci "Schneller" rappresentano le paure del bambino che ancora non riesce a dormire e si trova nel buio, prontamente rassicurato dal genitore a cui si aggiungono dei "rumori" sospetti. Il tutto poi si conclude serenamente perché alla fine nel buio non c'è nessuna minaccia ma solo pace.

12) Bimbo che s'addormenta. Continua la tonalità di Mi minore, in 2/4, come nel pezzo precedente di cui è diretta conseguenza. E' in forma di romanza ed è caratterizzato da un'imitazione tra le voci gravi e quelle acute che è un'ostinato in cui la melodia è data dalla nota finale dell'acuto. Questo continua per 8 battute fino alla sezione B, in Mi maggiore che introduce una piccola sincope nel secondo quarto ma continua sostanzialmente sull'ostinato di A. Dopo una breve ripetizione di A in Mi minore arriva improvvisa la conclusione in La minore, il IV di Mi, che rimane così in sospeso e con questa termina il brano.

bimbo che s'addormenta
Inizio col tema lamentoso in Mi minore


seconda parte di bimbo che s'addormenta
Inizio parte B

Il tema tranquillo, prima in minore, poi in maggiore e la sospensione della tonalità sul IV grado ci guidano nei sogni: il bimbo si è addormentato e tutta la giornata si è conclusa. L'alternanza tra maggiore e minore descrivono l'inquietudine del primo sonno ma lasciano spazio ancora ad un pezzo prima della conclusione della suite.

13) Il poeta parla. E' il finale della suite, in C e in Sol maggiore, stessa tonalità del primo pezzo. E' un brano etereo, formato da due semifrasi di 4 battute su accordi di minime, la prima in Sol maggiore, la seconda che si conclude in La minore. Gli accordi mimano un corale e le due semifrasi si differenziano non solo per l'armonia ma anche per la conclusione, nella seconda è presente un ritmo puntato. 

corale in il poeta parla
Corale

Dopo l'esposizione del breve pensiero inizia una cadenza che imita un recitativo formata da degli arpeggi di 7° di Re# e poi da un melisma libero e senza tempo. 

cadenza conclusiva
Sezione cadenzale

Successivamente c'è la ripetizione del breve corale e la conclusione definitiva a Sol maggiore.
La melodia eterea e sospesa della voce più acuta degli accordi, gli abbellimenti e la cadenza che occupa il centro del pezzo racchiudono in pochissimo spazio non solo l'imitazione di una scenetta teatrale, con tanto di corale e recitativo, ma anche le citazioni dei pezzi precedenti, come gli arpeggi della cadenza o il ritmo puntato.
In questo pezzo siamo ormai già nel sonno profondo, la giornata passata è solo un ricordo e la voce che parla, magari del genitore che legge una fiaba, accompagna il bimbo che dorme, chiudendo un ciclo ma lasciando immaginare che poi uno nuovo riprenderà il giorno successivo.

Bibliografia

ENGLISH VERSION



The Kinderszenen by R. Schumann is a suite of 13 pieces for piano and is among the most famous compositions in the history of music for this instrument, in particular the first and seventh, also used as soundtracks on many occasions in the cinema .
They were written in 1838 and inspired by some letters written by Schumann's wife, Clara Wieck, in which she spoke of childhood; in them the composer wanted to express "reminiscences for adults by an adult", that is, the memory of a few moments and the relative emotions experienced as children through the mind of a mature man. Originally they were supposed to be small pieces for children but later Schumann changed his judgment as above considering these pieces already a mature work.

The Infantile Scenes are structured as follows:
  1. Of foreign countries and men (Vom fremden Landern und Menschen);
  2. Curious history (Kuriose Geschichte);
  3. Recourse (Hasche-Mann);
  4. Child who begs (Bittendes Kind);
  5. Almost Happy (Gluckes genug);
  6. Important event (Wichtige Begebnheit);
  7. Dream (Traumerei);
  8. At the fireplace (Am kamin);
  9. On the wooden horse (Ritter vom Steckenpferd);
  10. Almost too serious (Fast zu ernst);
  11. Babau (Furchtenmachen);
  12. Child falling asleep (Kind im Einschlummern);
  13. The poet speaks (Der Dichter spricht).
All the pieces have a simple A-B-A structure and are characterized by a single theme; sometimes, as will be seen below, the phrases are repeated several times in the course of the piece. What makes the Kinderszenen special is the characterization of the various pieces that try to express (or to guide, in the words of the critic Hanslick) the feelings linked to the scene described by the title.

1) Of foreign countries and men. Schumann does not score any agogics, as in any other of the thirteen pieces, thus delegating to the interpreter the responsibility of making the scene described as best as possible (we are still in the context of a music that should be sung). It is a 22-measure piece in G major and in 2/4 written as a romance, a song accompanied by simple eighth note triplets that complete the harmony. The theme of A is made up of a proposal and a positive answer (2 + 2 bars) and 4 closing bars V-I. A section B follows in which the fifth interval of the theme is reversed and the melody becomes a counterpoint to the bass of a new melody expressed by the double thirds on the right hand.
The idea of "foreign countries and men" is rendered by the composer through the melody in G major, in piano, of a dreamy and optimistic character that contrasts with part B in which minor chords appear, as if to symbolize the dark side that it hides towards what is not known. The anguish dissolves almost immediately with the return of G major and the resumption of the theme.

2) Curious history. In 3/4, 41 measures and mezzoforte for most of the piece. The theme consists of a proposal of 4 bars to which another 4 bars respond; the proposal is made up of two very characteristic bars, starting in the upbeat of 1/4, in which a tune in D major is heard with a dotted rhythm softened by a small flourish that makes it less martial. The other two measures reconfirm the two previous measures in a more vigorous way in D major. In the answer the first two measures are repeated while in the other two there is a modulation in A major, dominant of D, which prepares the next repetition. Part A of the piece is therefore formed by a phrase that is repeated for the same twice (it is up to the interpreter to try to make the repetition different). Part B, on the other hand, is made up of a brief flourish of 4 bars around E minor and the new repetition of the theme followed by a codetta in D major. Also in this case the phrase is repeated twice and the piece ends, without a real reprise.
The idea of the "curious story" is rendered by Schumann by the contrast between the brief initial martial proposal and the relaxation of the nervous rhythm with the short stairways leading to A major. The design of the melodies that "rise" and rapidly pass from a more agitated rhythm to a more sedate one convey to the listener a sense of expectation and suspension awaiting the arrival of the next phrase that ends tenderly in D major, almost like a reassure the auditor that all is well.

3) Run after each other. Very short piece, of 21 bars and in B minor, in 2/4. It is formed by an A-B-A structure made up of two very short themes. The theme of A is a short sequence of B minor scales of 4 bars of I-IV-V-I that is repeated. The theme of B is the same that is presented first in G major, then in E minor, deception cadence V-VI and return to B minor with V-I. A very short take A follows and then the chorus with the conclusion.
The scene described by the music is immediate: one can distinctly imagine the children chasing each other or playing hide and seek thanks to the contrast of the first strained arpeggio followed by the detached and flat steps that follow. There is no agogic but the scene suggests speed.

4) Child who begs. Even shorter than the previous one, in 2/4 and 17 bars, it resembles piece 2 in construction except that the harmonic structure makes it very original. The A-B-A structure which governs the pieces is very weak here as it is characterized by the repetition of the first phrase; throughout the piece we can distinguish three phrases composed in turn by the repetition (positive response) of two semiphases. The piece is in D major but the key is not announced openly until after a bar and for an elusive moment, A major, the dominant one, insists more. Even the end of the piece remains suspended on a dominant seventh, without a conclusion, all to seal the scene that the composer is preparing to describe.
The effort made by Schumann to make the "begging child" the best is remarkable: from the harmony based on supports in which D major remains veiled, to the tender descending and flat melody that symbolizes the whimpering and the suspended ending, as if it were waiting to receive a response from the adult, a response that one can imagine arriving with the next piece.

5) Almost happy. In 2/4 and D major, characterized by an ascending theme that substantially continues that of the previous piece, gravitating around the dominant A major. The construction of the piece is similar to the previous one, that is made up of phrases that are repeated without a real reprise and a sudden modulation from A major to F major very accentuated during the short final progression.
It is up to the interpreter to express the "almost happy" through the stolen time, following the impetus of the ascending melody up to the reassuring conclusion in D major.

6) Important event. A march in A major, in 3/4 odd time (usually in even time but it depends on the military units) based on a simple harmony of the A scale. Formed by an ABA in which the march theme is repeated as is at the beginning and at the end. At the center of the piece (except for the doubling due to the timbre) there is the Trio that is an interlude with three voices, in this case in D major.
The idea of the march is rendered by the evident punctual rhythm present in the theme and by the verticality of the construction of the piece; the solemn character serves to underline what the title says, that is an important event, welcomed with great pomp.

7) Dream. One of the most famous pieces of piano literature, Schumann's most famous. In C, that is 4/4 and in F major, it consists of a vague A-B-A structure in which the form transcends into a sort of piece built on iterations. It consists of 6 sequences (which become 8 with the chorus) in which the same incipit of the theme is always repeated (in one repetition it is in B flat major) and is then concluded in a different way in each repetition (hence the iteration ), giving the idea that from a central nucleus common to all ideas one can then freely range in different directions, just like in a dream in which the imagination wanders free. The piece is then built on a miniature of the polyphonic language in which the voices that compose it, substantially 4, perform imitations and canons in a very small space, showing the composer's great skill in dealing with the movement of the voices.
The character of the piece is calm, peaceful, the melody must always be supported because it guides the listener in the simple and innocent dream of Schumann's alter-ego child who has fallen into these scenes.

8) At the fireplace. It is the continuation of the previous piece, in 2/4 and always in F major, in which the theme is recalled by the initial jump of fifth and by the movement of the melody which follows that one of the previous piece. This piece returns to the form of the romance, in A-B-A 'followed by a long (proportionally) coda while episode B is formed by a progression that passes through the minor tones.
The title "al camino" here does not have a literal meaning when referring to the music but instead expresses the quiet of being in front of the fire after a whole day, remembering the past episodes.

9) On the wooden horse. It is a small Scherzo, in C major and 3/4, characterized by a syncopated melody in the right hand (it begins with a quaver rest) that lays on both the rhythmic and harmonic scansion of the left hand. The structure of the composition is miniaturized: A consists of a single phrase in which the melody passes from the highest voice to the internal part of the chords while on the left hand there is a counterpoint in counterpoint with the melodic part; B consists of a long modulation that exploits the supports to the fundamental degrees of the scale to then move to the dominant, G, and conclude with the reprise of A, in which the singing is in the internal part of the chords. In this mini-take, the first four measures of A are repeated and then concluded with another four bars.
The very rapid syncope that makes up the whole piece and that comes together on the bass always on the third beat gives the idea of the rocking of the wooden horse, while the cheerful and heroic air of the piece suggests the adventures imagined by the child aboard his toy. 

10) Almost too serious. In 2/8, an unusual time, it is in G sharp minor. It is a piece consisting of an accompanied melodic line and composed of 8-bar phrases at the end of which there is a stop with a crown. The form is A-A, that is an exposition of three phrases, followed by a short connection of 6 measures and then by the complete repetition of the exposition up to the short final note, always in G sharp minor.
It is a subdued piece with dark and sad harmonies, as if to interrupt the carefree day. It could be read as the moment in which you have to go to bed, the childhood moment in which we all found ourselves, wanting to continue standing full of energy but with the need to rest for the next day. In fact, the following passages are precisely the description of the moment in which the child goes to sleep.

11) Babau. The title of the song in German indicates the traditional monster that scares children in the dark. Despite the not very cheerful title, it is yet another Schumann miniature of a fairly complex structure. The piece is in 2/4 and always begins in E minor and then ends in G major. The first sentence is composed of the usual two half-sentences of proposal and response, the first of 4 bars characterized by the repetition of the B over a chromatic descent, Schumann creates here the mystery and the expectation. This is then countered by a negative answer but which imitates the proposal with the repetition of the D on bass and the reassuring conclusion in G major. Then begins the second phrase, "Schneller" which presents a melody on the bass alternating with detached chords in the right hand. Also in this case the harmony oscillates, between E minor and C major (I-VI) as the last mysterious chord. Then follows the repetition of the first phrase and a short 8-bar interlude, strong and composed of contrasting elements (a quatrain of sixteenth notes, detached chords and a melody of minims) that goes from C major to the dominant of E minor, B major. This is then followed by the complete repetition of the exposition and the conclusion in G major.
The expectation created by the harmony of the first proposal, the various additional reassurances that alternate in the piece and the faster "Schneller" episodes represent the fears of the child who still cannot sleep and is in the dark, promptly reassured by the parent to which are added some suspicious "noises". Everything then ends peacefully because in the end there is no threat in the dark but only peace.

12) Child falling asleep. The key of E minor continues, in 2/4, as in the previous piece of which it is a direct consequence. It is in the form of a romance and is characterized by an imitation between low and high voices which is an ostinato in which the melody is given by the final note of the high pitch. This continues for 8 bars up to section B, in E major which introduces a small syncope in the second quarter but continues substantially on the ostinato of A. After a short repetition of A in E minor, the conclusion in A minor suddenly arrives, the IV of Mi, which thus remains pending and with this ends the piece.
The quiet theme, first in minor, then in major, and the suspension of the tonality on the fourth degree guide us in our dreams: the child has fallen asleep and the whole day is over. The alternation between major and minor describe the restlessness of the first sleep but still leave room for a piece before the conclusion of the suite.

13) The poet speaks. It is the finale of the suite, in C and in G major, same key as the first piece. It is an ethereal piece, made up of two semi-phrases of 4 bars on minimum chords, the first in G major, the second ending in A minor. The chords mimic a choral and the two semi-phrases differ not only in harmony but also in their conclusion, in the second there is a dotted rhythm. After the exposition of the brief thought, a cadenza begins that imitates a recitative formed of 7 ° arpeggios of D # and then by a free and timeless melisma. Then there is the repetition of the short choral and the final conclusion in G major.
The ethereal and suspended melody of the highest voice of the chords, the embellishments and the cadence that occupies the center of the piece contain in a very small space not only the imitation of a theatrical skit, complete with choral and recitative, but also the citations of the pieces precedents, such as cadence arpeggios or dotted rhythm.
In this piece we are already in deep sleep, the past day is just a memory and the voice that speaks, perhaps of the parent reading a fairy tale, accompanies the sleeping child, closing a cycle but letting imagine that then a new one will resume the day following.

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mercoledì 1 aprile 2020

BACH-BRAHMS - Chaconne

BACH-BRAHMS 

Chaconne


Si tratta di una trascrizione della famosa Ciaccona della partita in re minore BWV 1004 di Johann Sebastian Bach per violino solo. 
La ciaccona è un pezzo ormai universalmente conosciuto e trascritto innumerevoli volte da diversi compositori, un brano non facile per violino e meno ancora per pianoforte. Tra tutte le trascrizioni la più eseguita è sicuramente quella di Ferruccio Busoni, una versione con numerose aggiunte un po' rutilanti al pezzo originale che ne fanno una singola composizione da concerto che di certo affascina il pubblico per le sue sonorità mutevoli, le armonie drammatiche e la grandiosità dell'architettura sia timbrica che strutturale.
La ciaccona in genere è una danza in tempo ternario basata su un basso ostinato e sincopato di origine spagnola. Mentre la linea del basso procede ripetendosi su di essa è possibile costruire e variare alcune melodie. Nel pezzo di Bach per violino solo non è presente il basso ostinato (come invece si ode nella Passacaglia in do minore per organo, la cui forma è una diretta derivazione della ciaccona) ma si può udire una certa "ostinazione" della sequenza armonica iniziale e della ripetizione delle progressioni che compaiono alla fine della breve esposizione del tema in Re minore. L'intero pezzo è poi sviluppato in forma di variazioni.

La versione di Brahms è assai meno conosciuta, scritta in un ciclo di 5 studi per pianoforte che riprendono composizioni altrui e le rielaborano sotto altri aspetti tecnici. I 5 studi sono:

- Etude nach Chopin; che riprende lo studio n. 2 op. 25 di F. Chopin e ne complica la linea melodica con l'alternanza di doppie terze e doppie seste rendendone l'esecuzione particolarmente difficile;

- Rondo nach C. M. von Weber; si tratta di uno studio ricavato dal finale della sonata n. 1 op. 24 di Carl Maria von Weber in Do maggiore in cui sono state invertite le parti tra destra e sinistra;

- Etuden nach Bach; due studi tratti da un apartita di Bach in cui due linee melodiche in contrappunto si sviluppano su arpeggi di Sol minore. Il secondo studio è l'inversione del primo onde obbligare le mani ad eseguire le stesse difficoltà.

- Chaconne fur die linke Hand allein bearbeiteit; la trascrizione della ciaccona per la sola mano sinistra.

Quest'ultimo è decisamente più attinente all'originale per violino che diventa inizialmente uno studio degli accordi arpeggiati, poi uno studio degli arpeggi e delle scale fino ad arrivare alla sezione centrale della Ciaccona in cui Brahms forza lo studio dei salti e dell'estensione della mano. Nella sezione successiva, col passaggio al maggiore si ritorna allo studio dei salti per concludere nella lunga coda in minore nuovamente con arpeggi. Malgrado coinvolga la sola mano sinistra è uno studio assai impegnativo e faticoso in quanto richiede un attento studio dell'espressività imitando le arcate del violino, un attento esame del discorso musicale onde evitarne l'appiattimento e uno studio attento di tutti i passaggi in quanto l'esecutore si trova messo a nudo di fronte alla semplicità della costruzione del pezzo. 


ENGLISH VERSION


It is a transcription of Johann Sebastian Bach's famous Chaconne from the D minor BWV 1004 for solo violin.
The chaconne is a piece by now universally known and transcribed countless times by various composers, a difficult piece for violin and even less for piano. Of all the transcriptions the most performed is certainly that of Ferruccio Busoni, a version with numerous slightly gleaming additions to the original piece that make it a single concert composition that certainly fascinates the audience for its changing sounds, dramatic harmonies and the grandeur of both timbral and structural architecture.
The chaconne is generally a dance in ternary time based on an ostinato and syncopated bass of Spanish origin. While the bass line proceeds repeating itself on it it is possible to build and vary some melodies. In Bach's piece for solo violin, the ostinato bass is not present (as is heard in the Passacaglia in C minor for organ, whose form is a direct derivation of the chaconne) but a certain "obstinacy" of the initial harmonic sequence can be heard and of the repetition of the progressions that appear at the end of the brief exposition of the theme in D minor. The whole piece is then developed in the form of variations.

Brahms' version is much less known, written in a cycle of 5 piano studies that take up other people's compositions and rework them under other technical aspects. The 5 studies are:

- Etude nach Chopin; which takes up study no. 2 op. 25 by F. Chopin and complicates the melodic line with the alternation of double thirds and double sixths making it particularly difficult to perform;

- Rondo nach C. M. von Weber; it is a study drawn from the finale of sonata n. 1 op. 24 by Carl Maria von Weber in C major in which the parts between right and left have been reversed;

- Etuden nach Bach; two studies taken from a Bach apartita in which two melodic lines in counterpoint develop on G minor arpeggios. The second study is the inversion of the first in order to force the hands to perform the same difficulties.

- Chaconne fur die linke Hand allein bearbeiteit; the transcription of the chaconne for the left hand only.

The latter is decidedly more relevant to the original for violin which initially becomes a study of arpeggiated chords, then a study of arpeggios and scales up to the central section of the Chaconne in which Brahms forces the study of jumps and the extension of the but no. In the next section, with the passage to the major one returns to the study of jumps to conclude in the long coda in minor again with arpeggios. Despite involving the left hand only, it is a very demanding and tiring study as it requires a careful study of expressiveness by imitating the arches of the violin, a careful examination of the musical discourse in order to avoid flattening it and a careful study of all the passages as the The performer finds himself exposed to the simplicity of the construction of the piece.


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