LA VIA SCOMPARSA
Lo spigolo Casara al Baffelàn
E' sempre l'estate del 2022, fa un caldo pazzesco e io avrei voglia di alta montagna. Telefono a Bruno che si mostra un po' recalcitrante a sciropparsi ore ed ore di macchina con un'alzata antelucana. E vabbè, siamo alle solite, perciò penso a qualcosa di più vicino a casa quando, con tono ardimentoso, il socio irrompe con "hanno messo a posto quella via lì, andiamo a far quella! - Fa un caldo bestiale - Ma no, da quelle parti è sempre ventilato!" (Mah!). Metto nello zaino una razione di sali, oltre che al rosmarino.
Ci troviamo al solito posto e partiamo ad esplorare lo spigolo Casara al Baffelàn. Per quanto si tratti di una cresta assai estetica, la massiccia presenza di mughi su di essa ha fatto si che sia finita gradualmente nel dimenticatoio in favore di itinerari più puliti, almeno fino al 2019 quando Mario Brighente e soci hanno dato una ripulita e aggiunto qualche chiodo qua e là.
Devo dire che la relazione pubblicata è assai seduttiva, sembra quasi una bella via.
E' mattino presto, mettiamo il naso fuori dalla macchina: fa un caldo bestiale! Peggio, sembra che la Terra sia stata investita da un brillamento solare e che l'atmosfera stia fondendo. Ci avviamo lungo il sentiero che porta al Baffelàn dosando bene i passi per risparmiare più liquidi possibile e spostandoci di ombra in ombra, stando al sole, infatti, si rimpiange la fonderia! Arriviamo sotto la cresta e non ho nessuna intenzione di stare a disfare il materiale al sole, per questo mi butto rapidamente in un canale e, dopo un po' di lotta con l'erba, arrivo in prossimità di una sosta. L'unico problema è che è posta in una posizione improba e perciò approfitto di un fix posto in basso per recuperare Bruno. Mi raggiunge e continua per il canale, mentre io mi schiaccio contro la parete per stare il più all'ombra possibile, sembra di essere nelle Cronache di Riddick mentre fuggo da Crematoria. Dopo un po' mi giunge il richiamo e lo raggiungo lesto in una stretta nicchia di sosta dove riprendo il comando della cordata e supero un caminetto e poi una stretta cengia erbosa su cui mi faccio strada lottando con ragni delle dimensioni di Shelob, i quali abbandonano le loro case con lo stesso fare annoiato di un impiegato allo sportello comunale il 14 Agosto, prima di arrivare su un buon pulpito per recuperare Bruno.
Il socio mi raggiunge e si trova sotto la parete "Maltini", chiave e incognita della salita, da cui sporge un grosso chiodo ad anello dei secoli che furono.
Non lo vedo tanto convinto ma tiracchiando un poco il vecchio chiodo si alza sopra lo strapiombo che ci sovrasta e sparisce alla mia vista. Come di consueto passano attimi interminabili di ansia e di bollitura, mentre cerco di nascondermi dal sole cocente senza avere molto successo, poi d'un tratto mi giunge il richiamo dall'alto. Quando mi innalzo lungo la parete Maltini, capisco perché mi è toccata una discreta attesa: tutto è intasato di toppe erbose e si sale mangiando rami e polvere in quantità assai fastidiosa, senza contare che i chiodi sono pochi e difficilmente integrabili. Raggiungo il compagno alla sosta e guardo verso la lunghezza successiva, fa abbastanza schifo: un camino stretto pieno di terra e da cui penzolano rami di mughi e ragnatele grosse come paramassi. Ho un attacco di coniglite mista a nausea e cedo volentieri il passo all'amico che imprecando e mangiando polvere mi maledice e si inoltra nel camino, scacciando le bestie che cercano di sbarrargli il passo con il fare di un Don Chisciotte che si spalma contro i mulini a vento. Questa volta il richiamo giunge veloce e lo raggiungo in fretta su un bel terrazzo, a circa metà dello spigolo.
Da questo punto la via, per come ci è stata segnalata, si sposta sulla destra, aggirando un risalto verticale, così traverso sulla cengia e supero lesto un dirupo giallastro per andare a recuperare Bruno su un robusto albero, in esposizione sopra la parete est.
Ciò che segue da questo punto in avanti è una dura lotta ingaggiata dal compare che cerca di superare una placca levigata stando in un canale erboso in quanto impossibilitato a proteggersi; abbiamo portato chiodi e martello per assicurarci e abbiamo pure pensato che stessero più comodi in macchina, anche loro hanno bisogno di comodità. Infatti la placca che tocca in sorte a Bruno non è tecnicamente difficile ma è sportetta e necessita dei chiodi che non abbiamo, pertanto deve mantenersi vicino ai mughi per riuscire a proteggersi adeguatamente. Dopo una lunga attesa ci ritroviamo quasi alla sommità dello spigolo, con ancora un tratto disteso ma densamente ricoperto dai mughi e per di più è pomeriggio inoltrato, così insisto che piuttosto che finire in cima sul far della sera, sia decisamente più comodo scendere da dove ci troviamo sfruttando i mughi, tanto la parte più interessante della via è dietro di noi. Bruno mugugna un poco ma alla fine si convince e scendiamo più facilmente di quanto preventivato.
Siamo un po' delusi per le condizioni disperate in cui versa la via, pur essendo la più lunga del Baffelàn e la più comoda d'attacco ma almeno abbiamo la soddisfazione di essere stati tra i pochi che l'hanno ripetuta, imprecando per la scarsa cura che i nostri predecessori ne hanno avuto.
Lottando coi mughi
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