IL BOCIA
Si cambia registro
Il primo incontro con "il Bocia" avvenne durante il raduno organizzato dall'amico Giovanni al Rifugio Brentari nella piovosa estate del 2014. Il caro amico comune lavorò dietro le quinte per "combinare il matrimonio", tenendo ovviamente i due diretti interessati ignari di quello che li aspettava e fu così che dopo qualche mese ci ritrovammo ad arrampicare sui Colli Euganei, prima a Monte Pirio e poi a Rocca Pendice, tanto per fare muscoli. Il Bocia era volenteroso e fresco di scuola del CAI così cominciai ad aggiungere al suo repertorio di nozioni qualche trucchetto imparato a dura fatica sulla mia pelle.
Il nomignolo di Bocia glielo affibbiai durante la prima uscita in falesia a Monte Pirio, era inverno ma in una giornata soleggiata. Scelsi lo Spigolo della Grande, la via in assoluto più facile della falesia (ma anche la più carina, secondo me) e mi legai pronto a partire quando il "caiano" cominciò ad apostrofarmi (o meglio, a passarmi la carta vetrata sui gioielli) sul nodo, sul come mettere la corda nei rinvii, sul punto dove stavo salendo quando e se fosse meglio partire più dritti quando ribattei secco: "senti, tasi e 'scolta il vecio che ga i cavei bianchi", così lui di ritorno "ah, cussì mi sarìa el Bocia". Da quel momento mi riferii a lui quasi sempre come a "il Bocia", che in dialetto significa ragazzino, adolescente, inesperto.
Dopo le prime uscite in falesia, non prive di situazioni pittoresche, venne la primavera del 2015 e con essa la prima vera e propria scalata in montagna. Optai per uno sparuto pinnacolo vicino a Rimini, la Penna del Gesso, che avevo già salito per un itinerario di scarso interesse (vedi pagina Appennino) nell'autunno con Paolo e Stefano ma scegliendo questa volta la via Diretta allo Spallone, ossia la via più ardua, che obbligava a dei passaggi artificiali. La via cominciava subito con dei passaggi non difficili ma abbastanza atletici tra appigli e staffe, sempre su buoni chiodi, fino alla prima sosta, in cui recuperai il Bocia sorbendomi una buona ora di vento gelido col vento gelido, il minimo vestiario sindacale e la moccola al naso, dato che lo zaino l'aveva lui. Quel giorno, tra l'altro, ci metteva più del solito, mannaggia! Raggelato in quella posizione e coi muscoli intorpiditi, chiesi pietà e lo feci andare avanti sul tiro seguente perché nel frattempo dovevo scongelarmi come lo Scoiattolo dell'Era Glaciale. Dopo una prima esitazione il Bocia proseguì piano piano (ma io ora avevo il vestiario) fino a prendere il ritmo, inaugurando il suo primo tiro da capocordata e raggiunse poco dopo una scomodissima sosta appesa in cui lui era già di troppo. Lo raggiunsi per scaldarmi scoprendo che pochi metri al di sopra della mia postazione la corrente d'aria cessava lasciando spazio ad un sole spietato, malgrado la stagione e proseguii rapidamente verso l'alto con una serie di passaggi atletici fino a sbucare sul grande pianoro della spalla. Il raggiungimento della vetta fu una formalità. Fu una salita di soddisfazione, immersa nel panorama dell'Appennino romagnolo in cui sperimentammo una tecnica artificiale a cordini statici decisamente desueta e poco utile ma che avremmo usato ancora prima di perfezionare il sistema per l'apertura di itinerari decisamente più difficili.
Nei mesi seguenti seguirono alcune altre ripetizioni in cui il Bocia provò anche la progressione da primo di cordata acquisendo gradatamente capacità, come sulla Via Teresa alla Parete Zebrata, e un tentativo fallito di ripetere la via Maestri-Alimonta alla Rocca di San Leo a causa del maltempo (incredibile ma vero, nel riminese è facile incappare in temporali estremamente violenti). Una bella ripetizione fu quella che facemmo alla Pietra Bismantova, scelta come ripiego per il maltempo in montagna nel mese di giugno. Optammo per la via più facile della parete est, ossia la Pincelli-Brianti che sale per canali sopra l'anfiteatro. A differenza della montagna sulla Bismantova splendeva il sole più cocente e spietato e per tutto il giorno non si vide l'ombra di una nuvola. Riserbai a me il tiro chiave della via, un diedro che richiedeva dei movimenti un po' atletici, scalato mentre mi soffiavo sulle dita ustionate dalla roccia non proprio fresca e lasciai andare il Bocia da capocordata sul resto della via. Alle soste i vestiti non avevano più un centimetro quadrato che non stesse per andare a fuoco, perfino gli alluci appena infilati nelle scarpette scottavano. Arrivati all'ultimo camino il Bocia finì per bloccarsi davanti alle "dimensioni" della vulvare fenditura che sbarrava l'eroica ascesa, uno stretto budello che richiedeva dei passi ad incastro e che era troppo stretto. Dopo le prime lamentele prontamente sedate dai miei "incitamenti", uniti dalla prospettiva di passare un po' di tempo ad abbronzarsi, il Bocia provò a entrare con più decisione nel camino, vi si spinse dentro strisciando centimetro dopo centimetro e spinse con tutte le sue forze. Passato un tempo interminabile in cui sognavo il raffreddamento ad azoto liquido dei telescopi il ragazzo saltò fuori dal camino come il tappo da una bottiglia di spumante e volò in alto fino alla sosta dove un escursionista, pietosamente gli offrì un sorso di acqua.
Arrivò in fretta l'estate e il momento in cui mi dedicai al diploma di composizione al Conservatorio che mi tenne impegnato ben tutto il mese di Luglio e quindi per il momento ci fu una pausa dalle avventure in croda prima di riprendere nel mese di Agosto.
https://alerossimusic.blogspot.com/p/appennino.html
È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.
È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.
Copyright © 2019 – 2025 “Alerossiclimbmusic”. Tutti i diritti riservati.”
Nessun commento:
Posta un commento