LA VIA NUOVA
Via Marisa al Muro del Pianto
Il 2017 è stato sostanzialmente un anno di passaggio e di rinascita anche se al tempo ancora non lo sapevo, la fine dei grandi esami che dovevo sostenere con ansia per avere dei titoli di studio, l'inizio del corso di specializzazione a Trapani, periodo molto denso di attività musicale, l'apertura della prima via e il perfezionamento della fallace tecnica alpinistica che possedevo fino ad allora anche grazie alla dedizione ad esercizi specifici per migliorare la resistenza e la forza nelle braccia e nelle dita dei piedi.
Durante un'uscita precedente in Valle del Sarca in cui partecipò anche il redivivo Stefano, io e il Bocia conoscemmo l'accademico Franco Sartori che ci propose alcuni chiodi di sua fabbricazione, che uso tutt'ora in ogni occasione e che sono di ottima qualità. Si tratta di chiodi in ferro dolce per calcare, piuttosto robusti e che hanno prestazioni pari o migliori di quelli certificati da negozio.
Il Bocia contattò in seguito Franco per poter perfezionare la sua tecnica su roccia e in arrampicata artificiale, nel mentre io procedevo con i miei impegni, fino al giorno in cui uscì la proposta: apriamo una via nuova.
Innanzitutto bisogna dire il dove: il Muro del Pianto, che abbiamo battezzato dallo stillicidio quasi perpetuo canzonando ben più famosi muri, è una fascia rocciosa situata nella stretta forra della Val Gadena, in Valsugana, in passato solcato da alcuni itinerari che pretendevano di essere sportivi e poi dimenticato. La roccia è andante, in alcuni punti solida ma in molti altri decisamente non bella.
Poi bisogna dire il come: l'unico modo per rivitalizzare una parete come quella, nel punto più aggettante, è in artificiale, moderno possibilmente.
L'idea mi piacque per la novità rappresentata, anche se il mio entusiasmo era relativo perché gli altri due nel frattempo avevano già cominciato i lavori e io facevo solo da ospite.
La linea della via, per quanto piccola, era ardita: si snodava lungo una placca assai strapiombante e serpeggiando tra dei tetti raggiungendo poi un tratto spiovente sopra questi. Poi ci sarebbe stato da valutare cosa si sarebbe potuto fare al di sopra.
La prima volta che erano venuti, Franco aveva sperimentato dei chiodi a pressione corti di sua fabbricazione che però non facevano molta presa nella roccia spugnosa della parete, così quando arrivammo alla base tutti e tre gli toccò un improbo lavoro di valutazione e sostituzione di tutti quelli piantati. Dopo una mattinata passata per l'operazione, finalmente Franco ci chiamò dalla sosta dove potemmo riunirci tutti e tre in scomodità: ne risultò un bel tiro con diversi passaggi su ganci sempre ben protetti da chiodi ora solidi e da alcuni fix.
Nella fase successiva il Bocia partì volontario e baldanzoso (come sempre ignaro di quel che l'attendeva) per chiodare la placca successiva, grigia, senza la più piccola scalfittura. Superò un tetto sempre a suon di fix e poi piegò a sinistra verso una grotta: qui venne il bello!
Una volta entrato nella grotta, non senza difficoltà, trovò un vecchio cavo di traino in acciaio e cominciò a martellare tutte le pareti della caverna che tuonavano come un tamburo. Dopo alcuni minuti in cui non si capiva cosa stesse succedendo Franco chiese al Bocia di recuperarlo nella grotta con fare un po' militaresco e salì con circospezione fino alla cavità. Ciò che avvenne lassù, lontano dalla mia vista, non posso dirlo per intero ma la suspense ci fu davvero (come cantava Faber). Un tempo interminabile dopo giunse il richiamo al sottoscritto di smontare tutto l'ambaradan e di salire, cosa che costituì un sollievo perché non ne potevo più di stare sulla mia tavola in legno appeso con dolori in posti che non immaginavo di avere. Li raggiunsi e ci scambiammo tutti e tre una stretta di mano per la riuscita della piccola ma pur sempre nuova impresa e ci calammo nel vuoto fino a terra con le ultime luci del giorno che se ne andavano.
Come coronamento della giornata positiva le corde si incagliarono nel recupero e il buon Franco, energico e baldanzoso, fu offerto volontario per risalirle districarle, con la consueta sequenza di improperi e sacramentazioni.
Il muro del Pianto dove si snoda la via.
Azione sul primo tiro
Strapiombi
Tetto del secondo tiro
La risalita delle corde fisse come regalo al termine delle difficoltà
I contenuti presenti sul blog “Alerossiclimbemusic” sono di proprietà di “Alessandro Rossi”.
È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.
È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.
Copyright © 2019 – 2025 “Alerossiclimbmusic”. Tutti i diritti riservati.”
È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.
È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.
Copyright © 2019 – 2025 “Alerossiclimbmusic”. Tutti i diritti riservati.”
Questa opera è protetta da <a rel="copyzero" href="http://www.costozero.org/wai/u2.html">Copyzero</a>.
Nessun commento:
Posta un commento