SCHIENA A PEZZI
Il Sass Pordoi
Luglio 2010: caldo, afa, zanzare e la sensazione di dover combattere contro i Vietkong. Scrissi a Paolo per sondare il terreno e mi propose di andare a ripetere qualcosa di interessante nelle Dolomiti assieme a Nicola; la scelta cadde sul Sass Pordoi grazie al suo comodo avvicinamento e alla roccia ottima che permette arrampicate divertenti, in particolare alla via Maria, la più gettonata del settore.
La via Maria al Sass Pordoi venne aperta nel 1932 da Gian Battista Piaz, il Diavolo delle Dolomiti, attivissimo scalatore e guida alpina di Alberto I re del Belgio, e V. Dezulian, percorre una serie di camini prossimi allo spigolo sud dell Sass Pordoi.
Partimmo un sabato sera, Paolo e Nicola vennero fino a casa mia a prendermi, riuscendo a perdersi nella "grande metropoli" e girando tre volte lo stesso isolato. Ci avviammo a bordo dell'ammiraglia di Nicola, che aveva nel contachilometri un viaggio sulla Luna andata e ritorno, rigorosamente senza climatizzatore perché l'aria fredda fa male alla salute e così raggiungemmo con pochi liquidi in corpo il Passo Pordoi dove, ormai a notte inoltrata, decidemmo di cenare ad una tavola calda e di accamparci per tenere in tasca un po' di spiccioli.
A quel punto Paolo estrasse dalla "ammiraglia" la sua tenda, di cui andava orgoglioso e che doveva essere stata una prelibatezza per i topi dello scantinato; fortunatamente era abbastanza spaziosa per due persone e soprattutto (particolare non trascurabile) facile da montare.
Sul momento restai imbambolato come uno scemo perché, da "cittadino" abituato al comfort, non avevo preventivato il campeggio, specie dopo tutte le avvertenze di mamma riguardo i reumatismi e le infiammazioni muscolari che avrei sicuramente contratto se non avessi fatto caso all'umidità, data la mia età ormai avanzata (...!!!!). La mia ignoranza in materia, controbilanciata però da una dose di preveggenza riguardo l'altrui parsimonia, mi aveva fatto portare appresso il sacco a pelo ma non un altro ingrediente fondamentale: il materassino!
Come il lettore avrà intuito, stavo per affrontare le delizie della vita selvaggia, in grado di temprare lo spirito e svezzarlo alle più ardue imprese dell'eroico uomo virile.
Fino al momento di entrare nella tenda non pensai nemmeno per un attimo che mi sarebbe servito il tal materasso ma Paolo, da uomo sapiente ed esperto che aveva previsto la mia "sagacia" al riguardo mi confortò prontamente che aveva portato un gonfiabile da spiaggia facile e rapido da usare.
Ringalluzzito da cotanta bontà d'animo, quasi fraterna, gonfiai in fretta e furia il detto materasso e mi fiondai nella tenda per accomodarmi nel giaciglio. Paolo si addormentò sul colpo, mentre dalla mia posizione cominciò a provenire un suono di flatulenza tenue e continua, segnale di un oscuro presagio che di lì a poco si sarebbe verificato. Infatti lo spessore del materasso gonfiabile si ridusse nel giro di un paio di minuti a quello di un foglio per la lista della spesa e mi ritrovai con la schiena sui sassi.
Nicola si accomodò invece in una tendina accanto; non volendo fare l'ospite rompic... pretenzioso, decisi che avrei potuto trovare una posizione di compromesso e contare sulla giornata lunga, calda e faticosa e sulla lentezza del tempo per riuscire a prendere sonno. Ecco un'altra menzogna mendace! Fu una notte da incubo, continuamente tormentato dalla ghiaia e dalla durezza della terra battuta che mi schiacciava le ossa facendomi sentire una billetta in forgiatura; dormii all'incirca 1,30. L'alba fu come l'apparizione dell'Altissimo ai discepoli di Emmaus.
Dopo aver riposto il nostro giaciglio ci concedemmo un caffè sostentatore nel bar dell'alberghetto del passo, che aprì di buon mattino e poi ci avviammo verso l'attacco della via. La giornata era splendida ma la marcia di avvicinamento, sebbene corta, fu presa da tutti e tre un po' troppo di petto e per me fu il giusto coronamento alla notte appena trascorsa, o le cose si fanno completamente o non si fanno! Il susseguirsi della via ebbe poca storia in sé, Paolo tirò l'intera via da primo mentre io e Nicola seguimmo. Ciò che mi rimase impresso di quell'esperienza fu il fatto di aver scalato la mia prima via sulle Dolomiti, gustandomi una bella arrampicata atletica ma mai difficile, immerso tra le rocce a 360°, con tutti i colori che andavano dal rosso acceso, al giallo, al nero. L'impressione poi di vedere le altre vette abbassarsi con alle spalle le cime maggiori è poi difficile da descrivere, bisogna viverla.
Questo idillio durò fino all'ultima paretina, dove il Sass Pordoi cominciò a spianare.
Vista l'ascensione da manuale appena effettuata ci volevano delle emozioni forti ad aggiungere sale a quanto fatto fino ad allora.
La via terminava contro una torre rocciosa posta al di sotto della stazione della funivia; Paolo era indeciso se seguire il canale a destra o proseguire verso il più facile pendio a sinistra. Non ricordo se io o Nicola (più probabile me) notò una traccia calpestata in mezzo ai detriti che si dirigeva verso sinistra. Dopo aver fatto il secondo per tutta la giornata volevo prendermi un po' di gloria e così mi ci buttai senza stare molto attento a dove stavo andando a finire. Seguii la traccia e gli altri mi vennero dietro per trovarci poi infognati lungo uno spiovente di ghiaia impressionante, in equilibrio solo per la spigolosità dei sassi che sobbalzavano appena toccati e rotolavano giù, il tutto rotto da una paretina verticale ancora più marcia. Ovviamente tra i sassi spuntavano i rifiuti dei civilissimi turisti della funivia che rendevano l'idea di essere in una discarica piuttosto che in montagna.
Ci eravamo già slegati e, anche usando le corde non vi sarebbe stato niente a cui ancorarle. Così partì prima Paolo, seguito da me e da Nicola, che s'inerpicò lungo il pendio un passo alla volta, ben ragionato e ben posato perché se i detriti avessero cominciato a franare a valle avrebbe significato rotolare giù con essi e finire in fondo alla montagna. Il passaggio più terribile fu la paretina, che di parete aveva poco, più che altro era una sorta di catasta di sassi incastrati tra loro: Paolo passò con un balzo ed una bestemmia, io afferrai uno spuntoncino con la mano destra e con la sinistra annaspai disperatamente alla ricerca di qualcosa di solido; mentre svolgevo l'operazione sentii i piedi scivolare sui sassi. Buttai la mano sinistra nei sassi e feci forza quel che bastava a issarmi mentre lo spuntoncino si staccava; tutto intorno crollava. Nicola sopraggiunse un attimo dopo. La rampa seguente fu un penoso risalire a carponi lungo un ghiaione inclinato da cui sbucavano cavi metallici del sistema parafulmine come scogli salvifici in un mare in tempesta. Mi inerpicai su di essi percorrendo con pochi balzi la distanza che li separava e alla fine giunsi ad afferrare il corrimano della terrazza della funivia, finalmente qualcosa di stabile, solido e orizzontale.
Il Sass Pordoi con al centro lo spigolo
La via Maria si svolge lungo il camino a sinistra della parete.
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