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mercoledì 3 aprile 2024

LISZT - 6 Grandes études de Paganini

 LISZT

6 Grandes études de Paganini

La suite dei 6 Grandi Studi da Paganini fu scritta da Franz Liszt (1811-1886) in concomitanza ai 12 Studi Trascendentali, di cui ne sono stretti parenti sia per le tecniche impiegate che per lo stile abbastanza asciutto e sobrio. Come per i trascendentali, anche di questi studi Liszt ne scrisse due versioni in momenti differenti della sua vita, una nel 1838 e quella definitiva nel 1851. La prima stesura appartiene ad un periodo turbolento della sua vita, in cui egli si era affermato sulla scena internazionale come il miglior virtuoso del pianoforte, viaggiava attraverso tutta l'Europa, arrivando perfino nel cuore dell'Impero russo e, oltre a vivere un amore turbolento con la Contessa d'Agoult, era anche attivo nei fermenti che si andavano diffondendo nel continente, tra insurrezioni, barricate, proclami e altro. Non sorprende quindi che questa prima scrittura sia talmente densa di roba ridondante da essere ai limiti del suonabile, oltre che stucchevole all'ascolto. La seconda versione appartiene invece agli anni di Weimar, un periodo decisamente più tranquillo in egli aveva una dimora fissa con un circolo di studenti e intellettuali affezionati che gli permettevano di condurre una vita dignitosa e creativa. La principale differenza tra le due versioni consiste infatti in una scrematura da tutti quei tecnicismi che finivano per appesantire troppo la scrittura rendendo i pezzi inutilmente troppo difficili e faticosi, oltre che poco didattici e attraenti ai fini dello studio vero e proprio.
Differentemente dai trascendentali, i 6 Grandi Studi da Paganini sono più studi in senso stretto del termine e non seguono nessun programma di sorta. Infatti essi si occupano ciascuno di particolari aspetti tecnici molto cari al compositore e lasciano meno spazio all'inventiva compositiva, che nel caso di questi pezzi è ridotta ad una sorta di sketch breve e incisivo. 
Come suggerito dal titolo, questi brani sono delle libere interpretazioni dell'autore tratte dalle composizioni di Niccolò Paganini, il grande virtuoso del violino che aveva infiammato le sale di tutta Europa proprio negli anni in cui anche Liszt si andava affermando. Oltre a questi, anche molti altri pianisti avevano dedicato al grande violinista dei pezzi o delle intere raccolte di arrangiamenti quali Schumann (con ben due suite di studi dai capricci per violino solo), Moscheles (una raccolta di studi), Chopin (il brano "Souvenir de Paganini"), e altri. Si può ben capire che, davanti alla novità apportata dal virtuoso italiano che si meritò l'appellativo di "violinista del Diavolo", anche altri grandi virtuosi non abbiano resistito alla tentazione di omaggiarlo e di appropriarsi del suo puro estro. Liszt poi doveva essere particolarmente affezionato ai suoi studi se decise di revisionarli e ripubblicarli una seconda volta, portandoli al grande successo di cui godono ancora oggi; uno di questi, il terzo, tratto da "la Campanella", ossia  il finale del concerto in Si minore di Paganini, è uno dei sui pezzi più famosi e in generale uno dei brani pianistici più eseguiti in assoluto.

La suite dei 6 Grandes études de Paganini è composta come segue:
  1. In Sol Minore;
  2. In Mi bemolle maggiore;
  3. In Sol diesis minore "la Campanella";
  4. In Mi maggiore;
  5. In Mi maggiore;
  6. In La minore.
Solo uno pezzo reca un titolo che fa riferimento al titolo originale dei brani di Niccolò Paganini e, a parte il terzo, sono tutti tratti dai 24 Capricci op. 1 per violino solo. Non si tratta in questo caso di trascrizioni pedisseque e "brutalizzate" dei capricci, come spesso veniva fatto all'epoca, ma di liberi accostamenti tra pezzi diversi (come il caso del n. 1) o della riscrittura in forma di esercizio di un capriccio (come nei n. 2, 5 e 6). Solo il quarto appare quasi come una trasposizione fedele del capriccio corrispondente quasi a voler riportare sulla tastiera il medesimo esercizio.
Passiamo ora ad esaminare più nel dettaglio i singoli pezzi.

Studio n. 1

Composizione varia e complessa, derivata dall'assemblaggio di due differenti capricci, ossia l'introduzione e la coda del n. 4 e un adattamento del n. 5. Liszt coglie al volo l'occasione offertagli dalla natura del quinto capriccio stesso per proporre un suo studio del tremolo, tecnica a lui particolarmente cara ed effettivamente molto importante, unendola al bisogno di esercitare le dita in modo indipendente, ossia bloccandone alcune e muovendone altre.

Lo studio si apre con una sequenza libera di arpeggi di Sol minore che in tre riprese si allarga all'intera tastiera, poi entra il tema del capriccio vero e proprio, in 3/4 e con l'indicazione volutamente vaga di "non troppo lento", ossia l'esecuzione dell'intero brano è libera e senza vincoli di sorta ma ben misurato e con un tremolato fitto. 

Inizio dello studio in Sol minore di Liszt
Incipit con i lunghi arpeggi in Sol minore

Studio del tremolo
Inizio dello studio vero e proprio coi tremoli


Una difficoltà, oltre alla mera articolazione di alcune dita, è il rilievo del canto che richiede un peso diverso sulle dita a cui è assegnato, complicato dal fatto che questa voce è sempre molto vicina all'accompagnamento, col risultato che è difficile risaltarla a dovere.
A parte queste complicazioni che sono il vero obbiettivo di studio della composizione, non ci sono estreme difficoltà di esecuzione e tutto l'insieme suona alla fine come particolarmente uniforme. Questo pezzo può essere visto come il gemello dello studio n. 12 dei trascendentali, anche se è decisamente più didattico e meno ispirato dell'altro.

La struttura compositiva è abbastanza semplice, come ho accennato prima, si tratta di un capriccio nel senso stretto del termine dove tutti gli elementi sono ridotti al minimo sindacale per poter compiere un discorso. A 5 battute di esposizione della melodia portante, ricavata dalla scala armonica di Sol minore, seguono una serie di progressioni che giocano un po' sui gradi della tonalità, assecondando la direzione imboccata dalla melodia: più essa sale e più aumenta l'intensità e la massa sonora, al contrario più scende verso il grave e più il suono si disperde tornando nel piano sommesso. A mano a mano che si procede nel cuore del pezzo aumentano anche le difficoltà perché Liszt, oltre all'onnipresente tremolo, aggiunge anche dei salti abbastanza ampi alla sinistra e dei brevi arpeggi alla destra per studiare bene la mobilità del pollice.

Passaggi tra tremolo e salti nello studio in Sol minore
Una piccola sequenza di salti e tremolo durante lo sviluppo

Il pezzo si conclude così come è cominciato, con la stessa sequenza di arpeggi che però è passata nel modo maggiore, dando allo studio una conclusione pienamente positiva e brillante.

Studio n. 2

Pezzo molto bello e di soddisfazione, giustamente eseguito di frequente. E' un adattamento del Capriccio n. 17 in Mi bemolle maggiore trasformato in uno studio di ornamentazioni e di ottave. La composizione per violino originale viene qui trascritta abbastanza fedelmente; Liszt, oltre all'aspetto tecnico, si limita ad aggiungere una coda e qualche accordo qua e là di accompagnamento.
La struttura del pezzo è una classica romanza, quasi accademica, preceduta da una cadenza di 5 battute di introduzione sulla dominante Si bemolle maggiore prima di lasciare spazio al tema e all'esposizione completa della parte A, sempre e costantemente in Mi bemolle maggiore. La scrittura è un intelligente adattamento di quella per violino e alterna delle brevi, vellutate volatine a due mani alternate a degli accordi staccati sempre in piano. 

Studio degli abbellimenti, numero 2 da Paganini
Studio degli abbellimenti

Al passaggio alla dominante, quando la parte A culmina e si avvia alla conclusione tali volatine diventano via via più robuste con accordi alternati, arpeggi e delle roboanti scale di ottave alternate alle due mani. 

Sezione centrale virtuosa dello studio 2
Studio di ottave alternate alla fine della parte A


Lo scopo dello studio fino a questo punto è quello di controllare il polso per tenere incollate le dita alla tastiera e produrre i graziosi effetti sonori degli abbellimenti per poi passare al controllo dell'alternanza tra le due mani.

La parte B è un intermezzo in Do minore per la precisione, il cui tema tuonante disegnato dalle ottave è sostanzialmente lo stesso tema degli accordi precedenti passato al modo minore. 

Intermezzo dello studio 2
Inizio parte B

Questa parte, "poco più animato" e quindi sostanzialmente in linea con quella precedente ma un po' più robusta, è invece uno studio di polso nella gestione delle ottave sia staccate che legate. La scrittura per violino è qui fedelmente riportata, agghindata solo con qualche accordi di accompagnamento per completare l'armonia. Alla fine, una breve cadenza di sospensione sul Si bemolle maggiore in 7a reintroduce la parte A che viene ripetuta integralmente e seguita da una breve coda che replica il disegno caratteristico dello studio e si dissolve negli accordi di Mi bemolle maggiore.

Studio n. 3 La Campanella

E' l'unico studio della raccolta a recare un titolo suo ed è anche l'unico a non essere tratto dai Capricci. La fonte del tema è il terzo movimento del concerto in Si minore op. 7 per violino e orchestra. La particolarità di quel movimento è la presenza di un campenello il cui suono molto acuto e appena percettibile annuncia il ritornello del rondò e si alterna agli armonici altrettanto acuti del violino. Rispetto agli altri cinque, questo pezzo è un'anomalia, è in una tonalità completamente differente rispetto all' originale e ne sfrutta solo la breve melodia del refrain per costruire una sorta di esercizio in forma di variazioni; inoltre è quello che dal 1838 ha avuto la maggior revisione.

La Campanella è uno studio per i salti, l'articolazione e le note ribattute alla mano destra, tecnica quest'ultima che in genere i pianisti aborrono ma in cui Liszt era forte, evidentemente, visto quante volte la usa nelle sue composizioni. La struttura del brano è più complessa di quello che appare a prima vista ed è molto interessante, una di quelle volte in cui Liszt costruisce una cattedrale a partire da materiale melodico molto ridotto. Esso è in tonalità di Sol diesis minore, ben lontana dal Si minore originale, con agogica di "Allegretto" ed inizia, dopo 3 battute di Re# dominante di introduzione, immediatamente col famoso tema di Paganini. La campanella propriamente detta viene resa da un re# acuto preso ogni volta di salto e alternato alle note della melodia il che trasforma immediatamente questa breve esposizione in uno studio di salti e di pollice, mentre la sinistra si limita ad accompagnare con degli accordi. 

Tema della Campanella
Tema della Campanella

La prima variazione arriva immediatamente con la ripetizione del tema ed introduce dei piccoli abbellimenti che, presi di sfuggita e ancora di salto, aumentano notevolmente la difficoltà già non proprio banale dell'esercizio. Dopo la conclusione in Sol# minore, tonica, entra un secondo tema, che tra l'altro corrisponde anche al secondo tema del rondò di Paganini ed è in Fa# maggiore e continua a proporre uno studio dei salti, talvolta assai ampi.

Secondo tema della Campanella
Ingresso secondo tema

La terza e la quarta variazione corrispondono al nuovo ingresso del tema, la prima volta riportato alla mano sinistra e accompagnato dalla destra con un salto di 2 ottave, la seconda volta fiorito con le note ribattute (a mio avviso il passaggio più fastidioso dell'intero pezzo!). 

Variazione sui ribattuti
Variazione sui ribattuti

Rientra il secondo tema con una sua nuova variazione che continua il discorso delle note ribattute e introduce i trilli come nuovo elemento, prima di lasciare spazio ad una lunga cadenza sulle scale cromatiche che lasciano libero il pianista di sfogare la sua voglia di esibirsi in qualcosa di acrobatico (pur senza complicarsi la vita).
Al termine della cadenza il tema rientra per la quinta e la sesta variazione seguendo il medesimo schema precedente, dapprima esposto alla mano sinistra e poi fiorito coi trilli alla destra per muovere bene le dita estreme. Con queste due variazioni si conclude la prima parte dello studio.

variazione sui trilli
Variazione sui trilli

La seconda parte del pezzo, segnata con un "più mosso", riprende le variazioni ma cambia completamente stile: compaiono ancora i salti ma entrano anche le ottave e gli accordi ribattuti. Dopo la terza variazione del secondo tema segue una cadenza possente di ottave che introduce l'ultimo ritorno del tema principale eseguito ad ottave ribattute (esercizio di polso) prima di lasciare spazio ad una breve coda di accordi in Sol # minore con cui si conclude tutto il pezzo.

Variazione sulle ottave
Variazione con le ottave ribattute

Musicalmente parlando questo brano merita tutta la fama che gli è stata attribuita perché, per quanto in apparenza la costruzione sembra semplice, in realtà mostra un talento molto raffinato nelle rielaborazioni successive del medesimo materiale, anche quando sembra che non offra tanti spunti (assomiglia in questo a "Le festin d'Esope" di Alkan). Pianisticamente è forse lo studio più utile della raccolta, anche se non il più difficile.

Studio n. 4

Questo studio è l'esatta trasposizione del Capriccio n. 1 op. 1 di Paganini con giusto un minimo adattamento alle esigenze del pianoforte. E' in Mi maggiore, in 2/4 e "Vivo" e si tratta di uno studio degli arpeggi eseguiti a due mani con continui incroci delle stesse tanto che Liszt ha eliminato direttamente il pentagramma dedicato alla mano sinistra. 

Arpeggi dello studio 4 da Paganini
Inizio dello studio

Compositivamente parlando è uno studio abbastanza vario, tanto da sembrare una sorta di improvvisazione che ricalca sostanzialmente una forma A-B-A', senza tenere minimamente conto della proporzione tra le varie sezioni. 
Il tema, formato essenzialmente da accordi arpeggiati, è esposto nelle prime 9 battute, poi segue una lunga modulazione che porta prima a Mi minore (5 battute) e poi a Sol maggiore e che costituisce la parte B di intermezzo in cui dagli arpeggi si passa anche agli accordi e alle scale di terze prima di ritornare a Mi maggiore con una rielaborazione del tema in modo da ottenere una commistione di parte A e parte B e concludere prestamente il pezzo.

Sezione centrale dello studio 4
Momento della parte B

Prima della versione definitiva del 1851 esistevano ben tre versioni differenti di questo studio che, insieme al primo, ha carattere di vero e proprio esercizio; in tali versioni lo stesso componimento veniva ripreso anche con le seste e con accordi alternati tra le due mani, portando le tecniche dell'arpeggio e dell'incrocio ad un altro livello. Di esse ne resta traccia solo nelle opere complete degli studi di Liszt che comprendono anche la versione del 1838 ma qualcuno ha ugualmente provato ad eseguirle. 

Studio n. 5

Questo pezzo è un'altra trascrizione abbastanza fedele di uno dei Capricci di Paganini, per la precisione del numero 9 in Mi maggiore, qualche volta nominato "la Caccia" dalle indicazioni lasciate dal violinista stesso che prescrive di imitare i flauti e i corni e richiamando così quelli che potevano essere i segnali dati durante una battuta di caccia.
Anche questo studio è divenuto nel tempo assai famoso ed apprezzato dagli studenti di Conservatorio in virtù delle sue difficoltà non eccessive e dei glissati che Liszt vi inserisce per rendere più interessante e vivace l'esecuzione.

Lo studio si apre con l'esposizione del tema preso di pari passo dalla scrittura per violino, in un alternanza di terze e seste, in 2/4 e "Allegretto". L'esposizione dura 17 battute nelle quali vengono riportate anche le indicazioni originali di imitare flauto e corno. Successivamente il tema viene ripetuto con l'aggiunta di accompagnamento (caso di risposta positiva) concludendosi dopo altrettante 17 battute.

Tema dello studio la Caccia da Paganini
Il caratteristico tema del Capriccio


Dopo l'esposizione, lo studio-capriccio si evolve in modo originale in una forma di rondò poco rigorosa, infatti subito attacca un episodio di 20 battute che continua lo stesso ritmo del tema ma risponde in Mi minore, occasione per Liszt di cambiare scrittura e aggiungere degli accordi uniti da una figurazione di semicrome che fa lavorare bene i pollici. 

Espisodio in Mi minore
Episodio in Mi minore

Segue il ritornello del tema in Mi maggiore che introduce un nuovo episodio in La minore in cui il compositore introduce i glissati (far scorrere le dita sulla tastiera ottenendo una sorta di scia molto rapida) e un disegno con delle quartine molto veloci che obbligano ad articolare bene le cinque dita prima della mano destra e poi in aggiunta anche alla sinistra. L'episodio è molto più lungo del precedente, ripetendosi ben quattro volte. Alla fine riappare per l'ultima volta il tema in Mi maggiore come ritornello che chiude lo studio.

Glissati nello studio 5
I glissati

Tecnicamente parlando, questo pezzo è forse il più facile della raccolta ed anche quello che ha subito le minor modifiche tra la versione del 1838 e quella attuale. Come accennato poco sopra, è uno studio principalmente per terze e seste e per l'articolazione delle cinque dita su entrambe le mani e per provare i glissati. Questo stesso Capriccio è stato trascritto anche da Robert Schumann in modo ancora più letterale e inserito nella raccolta degli Studi dai Capricci di Paganini op. 3.

Studio n. 6

L'ultimo studio della raccolta è una versione del Capriccio n. 24 di Paganini che nella storia della musica è diventato il suo pezzo più famoso in quanto sfruttato da molti altri compositori come base per delle variazioni: i casi più eclatanti sono quelli di Brahms, con i due quaderni di variazioni op. 35; di Rachmaninov, con la "Rapsodia su un tema di Paganini" per pianoforte e orchestra e Lutoslavsky con le variazioni per due pianoforti. Tale amore per il capriccio nasce dalla semplicità del tema, la sua facile riconoscibilità e gli spunti insiti nella sua armonia, infatti già nell'originale per violino la struttura del pezzo è quella di un tema seguito da undici variazioni.

Nel caso dello studio in esame, Liszt non si limita a fornire una trascrizione più o meno letterale del brano per violino solo ma egli rimaneggia la musica al fine di rendere il pezzo lo studio riassuntivo della raccolta e quindi anche il più difficile tecnicamente parlando.

Lo studio si apre in 2/4, "quasi presto, a capriccio" in La minore. L'enunciazione del tema, coi suoi caratteristici ampi accordi e la quartina di semicrome rapida e sfuggente, diventa uno studio degli arpeggiati atti ad allargare le dita, imitando fortemente il gesto del violino. L'armonia utilizzata è molto semplice: V-I ripetuta quattro volte seguita da una breve progressione sui gradi della scala di la minore; semplice ed efficace, che resta sempre ben riconoscibile anche nel marasma delle variazioni come un punto solido di riferimento.

Tema del Capriccio 24, studio 6 di Liszt
Tema

Variazione I: è una trasposizione abbastanza letterale della corrispondente del capriccio per violino, con l'aggiunta delle ripetizioni del tema per mettere a confronto legato e staccato e creare un po' di poliritmia di tre contro quattro.

Variazione 1
Variazione I

Variazione II: è anch'essa trascritta in modo letterale dalla partitura per violino, essendo stata modificata e "depurata" di inutili ridondanze presenti nella versione precedente. Ne risulta uno studio per il legato a due mani e poi per la sinistra più specificamente, sempre nella zona grave della tastiera.

Variazione 2
Variazione II

Variazione III, "energica", è quella che fino ad adesso si discosta di più dalla versione originale, infatti qui il cambiamento è radicale. La melodia di ottave suonata su due corde del violino passa al basso e quasi scompare sotto i colpi incessanti delle ottave con cui Liszt ripropone ancora una volta come elemento di contorno trasformando la variazione in un puro esercizio di ottave sciolte e velocità.

Variazione 3
Variazione III; la linea melodica originale è trasposta alle ottave del basso

Variazione IV: orna alla scrittura per violino, raddoppiata in ottave e con l'aggiunta delle quartine del tema divise in semplici accordi di accompagnamento. Tutto è piano e staccato, opponendosi sostanzialmente al gesto della variazione precedente.

Variazione 4
Variazione IV

Variazione V: si aggancia direttamente alla precedente e continua il gesto leggero alternando un disegno in seste a due mani ad una rapida terzina raddoppiata in ottava. Qui la scrittura è molto diversa da quella originale e ne riprende solamente l'andamento generale, dando luogo ad uno studio sull'articolazione a due a due delle dita e sui salti abbastanza impegnativo.

Variazione 5
Variazione V

Variazione VI: le tecniche che erano state proposte in precedenza vengono qui messe insieme. Il brano è un insieme di scale di accordi, di ottave e terze, eseguite staccate e che richiedono una certa agilità. La scrittura è simile a quella per violino che qui viene semplicemente adattata alle esigenze del pianoforte.

Variaizone 6
Variazione VI

Variazione VII: anche in questo caso si è davanti ad una trascrizione fedele della partitura originale con un semplice raddoppio all'ottava della melodia e l'aggiunta di qualche accordo di riempimento. Ne deriva uno studio per l'articolazione delle dita dove la difficoltà è data dalle indicazioni di tocco aggiunte da Liszt: "quasi flauto" per la mano destra e "quasi fagotto" per la mano sinistra, da cui deriva un'attenzione particolare dal peso da dare alle parti.

Variazione 7
Variazione VII

Variazione VIII: drasticamente cambiata rispetto all'originale, che presentava difficili passaggi sulle doppie corde e con le note tenute. In questa variazione Liszt propone uno studio per gli accordi alternati alle due mani, "animato" cercando di imitare il caratteristico suono stridente del violino quando si trova nell'analogo passaggio.

Variazione 8
Variazione VIII

Variazione IX: trascrizione letterale della corrispettiva variazione del violino e trasformata in uno studio dello staccatissimo con la sola aggiunta di un semplice accompagnamento.

Variazione 9
Variazione IX

Variazione X: la melodia del violino in questo brano diventa lo spunto per uno studio con le note tenute e l'articolazione delle dita deboli, oltre al lungo trillo alla mano sinistra. Segnata come "più moderato", è forse il momento più bello e delicato di tutto il pezzo, che offre una pausa prima del finale.

Variazione 10
Variazione X

Variazione XI: questa variazione è il gran finale della suite, non solo dello studio e del capriccio. Le idee della partitura originale per violino vengono riprese in modo abbastanza fedele ma arricchite e abbellite di lunghi arpeggi e salti sugli accordi, oltre all'aggiunta delle otto battute centrali atte a prolungare l'attesa della conclusione. Liszt aggiunge inoltre anche la ripresa del tema come accompagnamento dei lunghi arpeggi che funge da ultimo richiamo prima della conclusione in La maggiore. 

Variaizone 11

Due momenti della variazione XI che conclude la raccolta

BIBLIOGRAFIA

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